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Cinema e Teatro

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mercoledì 14 aprile 2010

Intervista a Valentina Beotti: corpo e anima di un'attrice.


Valentina Beotti è attualmente in scena, fino al 18 aprile, al Teatro Eliseo di Roma con "Il piacere dell'onestà" di Pirandello, al fianco di Leo Gullotta. Ho avuto il piacere di incontrarla.

Ciao Valentina, da dove è nata in te la voglia di fare l'attrice?

Io ho scelto di fare l'attrice, veramente da piccola. Io ero una bimba divertente, estroversa, ma allo stesso tempo profondamente timida e sensibile, con un tipo di sensibilità che guarda dentro le cose fino al momento che ti fa male guardare, in più avevo una meravigliosa "zeppola" che è questa s sibilante , che mi faceva assomigliare ad un roditore quando parlavo,e in più soffrivo di epistassi, mi usciva sangue dal naso. Quindi se sei piccolo, ti sanguina il naso, stai quasi sempre con il tampone emostatico, non ti puoi scalmanare troppo, non puoi prendere il sole in testa, quindi coltivavo, in alcuni momenti, il mio mondo fantastico. Un giorno, in prima elementare, la maestra decide di farci mettere in scena la favola "Il topo di campagna e il topo di città" e la mia zeppola si rivela fondamentale...e mi viene affidato il ruolo del topo di campagna, ed io per la prima volta mi sono sentita veramente appropriata per qualcosa, quel stare là sopra e raccontare con il mio modo di parlare, di muovermi, un raccontare un qualcosa che non era me, ma era un vettore attraverso il quale far vedere me, è stato rivelatorio. La decisione di voler fare il lavoro di attrice è stato proprio questo, nel senso la maggior parte delle persone nella vita sono coperti da sovrastrutture, da maschere, dal volere apparire in una determinata maniera per ottenere determinati risultati: piacere, allontanare, messaggi che si mandano attraverso la comunicazione verbale e non verbale, recitando, facendo questo lavoro, io sento di avere davvero la possibilità di lasciare intravedere e a chi è molto sensibile vedere completamente me, attraverso qualcosa che non è me. Quindi la bellezza di costruire un personaggio che non mi è affine, trovare i punti di contatto tra me e i vari personaggi, cercare cosa di me è a disposizione, e metterlo a disposizione, è un modo di eliminare le sovrastrutture.

Valentina ci vuoi parlare della tua formazione?

Io ho una formazione prevalentemente classica, ma classica intesa come classica -contemporanea, nel senso che il mio maestro è stato Giorgio Albertazzi, io ho studiato con lui per tanto tempo, ho lavorato con lui molte volte. Albertazzi è il classico per eccellenza per come lo intendo io, un classico profondamente moderno, realmente a contatto con la modernità. Lui mi ha insegnato che recitare è essere, e non far finta di essere è portare il peso dell'autenticità in scena, il non simulare nulla, alludere a qualcosa ma essere qualcosa. Insieme a lui nella mia formazione ci sono stati Thierry Salmon, con cui ho studiato a lungo, che ho amato profondamente, questo perché lui nel 1987 , io ero piccolissima,mise in scena la prima "Signorina Else" di cui io ho memoria che poi io in seguito interpretai a distanza di anni, rimasi folgorata seppur piccola da Schnitzler, dal lavoro di Salmon, per cui l'ho seguito negli anni a venire, non ho mai lavorato con lui ma ho studiato con lui per parecchio tempo. Poi sono passata ai classici contemporanei, come i Living Theater di New York, piuttosto che Giancarlo Sepe, Dominique Mercy, oppure quello che considero essere un grande maestro: Eugenio Barba e con Cesar Brie. Sono stata e mi mantengo molto legata a quel tipo di ricerca teatrale, ovvero il lavoro che non esclude il pensiero, la voce, l'emotività dal proprio corpo, cioè il corpo, è davvero un vettore attraverso il quale liberare una parte di corpo e di sentimenti e viceversa, costringere, di emotività, costringere il nostro corpo, Eugenio Barba con L'Odin Teatret ha fatto un lavoro strepitoso a cui mi rifaccio e che amo profondamente. Andando avanti con gli anni, ho scelto in che direzione proseguire, io personalmente,non è più Odin, ma mi porto parte di quello, ho incontrato Ricci e Forte.
Parliamo del tuo rapporto con Ricci e Forte: autori di avanguardia.

Secondo me loro sono la vera e autentica avanguardia, teatrale e drammaturgica italiana, per il semplice motivo che scelgono di raccontare quello che secondo la loro attenzione, e il loro gusto sono nodi dell'essere umano nel presente, nello specifico: la difficoltà di relazionarsi profondamente, senza le sovrastrutture, e le maschere di cui parlavamo prima.

Per cui il percorso che tu hai fatto si è andato a sposare con i loro intento.

Si per questo lavorare con loro è così importante, completa il mio senso del racconto della vita. Il lavoro di Ricci e Forte si concentra prevalentemente sul concetto dell'attore "monologante" perchè ad oggi se ti guardi intorno ti accorgi che ognuno di noi pur scambiando con gli altri, spesso e volentieri monologa, non ascolta ma soprattuto non riesce a comunicare quello che realmente è. E quello che realmente si è viene fuori, la maggior parte delle volte nella completa solitudine. Stefano e Gianni, in questo momento storico del loro percorso puntano la lente su quei momenti di solitudine, si aprono degli squarci di profonda gioia, o di profondo dolore enormi, io sento che in questo momento della mia vita per me è fondamentale raccontare questo.

Valentina, tu hai interpretato "La signorina Else" di Schnitzler, che hai amato fin da piccina, che ricordo ne hai?

Si è un'opera che ho amato fin da piccola, a distanza di anni una bravissima attrice e regista italiana: Bianca Pesce, con cui lavorai come collega in un Macbeth, lei era Lady Macbeth io ero la prima strega, mi propose questa "Signorina Else", stiamo parlando, ormai di 4 anni fa più o meno. Un percorso nell'anima profondo, una femminista ante-litteram, questa ragazza, che si trova a fare i conti con una borghesia ai suoi inizi ma già al suo declino, era già il declino di un'era e l'inizio di un'altra. Io ho vissuto quel periodo, preparando quel personaggio, il senso della perdita dei valori. Quando quei valori esistevano oramai solo come chimere, e la borghesia iniziava veramente a sgomitare per prendere posti di potere e funzioni, quello era il nuovo modo di comandare il mondo, e credo che quel modo abbia degenerato fino a portarci al modo con cui si comanda ora il mondo e l'Italia. Sento il testo di Schnitzler molto affine a quello che stiamo vivendo ora.

Sei in scena fino al 18 aprile al Teatro Eliseo con "Il piacere dell'onestà" di Pirandello, interpreti il ruolo di Agata Renni, un personaggio che nel corso dello spettacolo cambia profondamente atteggiamento, se all'inizio, e quasi compartecipe di questa "messa a posto delle cose" poi invece lei si avvicina all'onestà, scappando dalle apparenze per avvicinarsi alla realtà. ci vuoi parlare di lei?

Beh l'Eliseo è un pezzo della storia del teatro italiano, è il teatro di Luchino Visconti, quindi sono molto contenta. Agata più che compartecipe, si in realtà è compartecipe ma per gioco-forza, questa ragazza è cresciuta come un meraviglioso oggetto, un bene di valore di questa famiglia, una madre senza scrupoli l'ha tirata su al meglio,per avere la migliore collocazione economica. Quando pensavano di aver trovato questa collocazione, la collocazione si rivela essere già impegnata, ma il danno è fatto, perché lei è rimasta incinta, e ha perso il suo valore economico, l'unica cosa che ad Agata non è mai stato insegnato è essere indipendente. L'unica cosa che lei riesce a fare è ubbidire alla madre, anche se la madre le sta proponendo qualcosa di mostruoso, lei è totalmente succube della madre, e continuerà ad aderire al ruolo che viene scelto per lei, cioè quello della moglie e madre integerrima, e come tale si comporterà. Il marchese che non riesce ad accettare questo tipo di rettitudine morale a cui lei ha scelto di votarsi, semplicemente per avere il ruolo, non perché sia moralmente più retta degli altri. lui vuole tornare alla situazione galeotta di un tempo, essere amato, e non si rende conto che per fare questo, cacciare il nuovo finto marito, è pronto a mettere a repentaglio, l'unico bene che che per Agata è importante, il nome e il futuro di questo bambino. Agata vede che la persona che lei ha creduto di amare è pronta a buttare in mezzo a una strada il figlio comune, lì avviene il vero cambiamento, lei si rende conto che l'unica persona che lei ha odiato fino a quel momento, perché le impediva la realizzazione del suo sogno romantico è anche l'unica a salvaguardare lei e il suo bambino, che il suo bene più prezioso.
Come è lavorare con Leo Gullotta?

Lavoro da 7 mesi con Leo e sento davvero di aver avuto il privilegio di aver a che fare con una persona umanamente retta e corretta, ed è piuttosto raro.

Stai per partire per l'America dove girerai un film? Che ruolo interpreterai?

Sto per partire, il 3 giugno, per New York. Ho firmato un contratto per un film, sono emozionata...è la mia prima volta negli U.S.A. la regista si chiama Maria Luisa Garito, è italiana vive a New York già da tre anni, è cittadina americana, e finalmente le producano il suo primo lungo metraggio, il titolo è ancora provvisorio. E' un film-documento sulle nuove realtà musicali nate all'interno della city. New York ho scoperto essere da questo punto di vista vivacissima, è una città poli materica sotto quel punto di vista. Maria Luisa ha girato la città dai suoi aspetti più underground a quelli più istituzionali, cercando quelli che secondo lei sono i gruppi più interessanti, ne ha selezionati 6, sceglie di raccontare la città di New York attraverso la storia di questi gruppi e i quartieri in cui vivono questi gruppi. L'idea è un po' quella di raccontare: come suona New York, dai rumori delle navi che arrivano a Ellis Island, agli sbuffi delle metropolitane. A me è stato chiesto di dare corpo alla città di New York, cioè di essere il trait-d'union tra tutti questi gruppi. Io accompagno la macchina da presa in giro per i quartieri di origine dei gruppi musicali. la regista mi ha detto io mi sono fatta un'idea di questa città vivendoci, e se la dovessi descrivere attraverso una persona direi: non è americana, è neanche Newyorkese, è sicuramente donna, è esile, ma è energica e forte, è bella di una bellezza non istituzionale per me sei tu. Io mi sono sentita molto onorata di questa descrizione e ho accettato molto volentieri.

Hai già dei progetti per quando ritornerai da New York?

Una volta tornata da New York mi rimetto nelle mani dei mie pigmalioni che sono Ricci e Forte e torno alla metà di luglio e inizieremo le prove per il nuovo progetto "Greemles" ispirato al mondo dei fratelli Greem. Debutteremo al Festival internazionale di Castel del Monte, come spesso succede a Ricci e Forte.

Valentina il tuo scrittore preferito chi è?

Guarda proprio stamattina mi sono svegliata e ci ho pensato..e ti dico Gabriel Garcia Marquez

Hai lavorato anche con Matteo Tarasco vero?,

Si da quando lavoro con lui mi sono ricordata profondamente dell'epica, Omero, Sofocle , Euripide, credo sia emozionante, prendere l'Iliade, l'Odissea e sentire veramente la forza, la potenza a livello di scrittura della poesia. Matteo Tarasco lavora principalmente sul teatro classico, lui è un profondo conoscitore di Shakespeare di Checov, o della tragedia greca, e gli una rilettura in chiave anni 2000, il che non vuol dire modernizzarla o attualizzarla, semplicemente la rende fruibile, realmente non solo al livello comprensivo, ma anche emotivo al pubblico di oggi. lui è molto bravo a dirigere gli attori, a capire che tipo di animale ha davanti, è molto bravo a tirare fuori il personaggio. io ho interpretato Andromaca in "Le troiane" e matteo mi ha fatto ri- innamorare dell'epica.


Miriam Comito

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