Diritto & Rovescio presenta
ALAN TURING E LA MELA AVVELENATA
di Massimo Vincenzi con Gianni De Feo
voce fuori campo di Stefano Molinari
musiche di Francesco Verdinelli
regia di Carlo Emilio Lerici
Alan Turing, fu uno dei personaggi più geniali del XX secolo. Considerato il padre dell'intelligenza artificiale studiò e mise a punto le prime macchine antesignane dei moderni computer. Fu scienziato, sportivo, uomo di grande genio e di grande eccentricità.
Massimo Vincenzi, ce lo racconta con un monologo tratto da immaginarie conversazioni con la madre e scandito dalla voce, fuori campo, del giudice del processo che lo vide imputato. A Turing, che aveva ricevuto alte onorificenze per il suo lavoro di matematico e che grazie al suo decriptatore Colossus aveva reso alti servigi alla patria durante la seconda guerra mondiale, non fu perdonata la sua originalità e soprattutto il suo essere omosessuale. Come fu per Oscar Wilde, l'ipocrita e bigotta società britannica non esitò a sacrificare una mente geniale sull'altare del conformismo e dell'intolleranza. Fu processato per reato di omosessualità e condannato alla castrazione chimica che lo rese impotente e gli provocò lo sviluppo del seno. Umiliato, stravolto nel fisico e nell'anima, Alan perse la percezione di se stesso, e inseguendo un sogno infantile, compì l'unico atto possibile di riaffermazione della propria dignità e libertà di individuo: si diede la morte mangiando una mela da lui stesso avvelenata col cianuro di potassio. Il monologo, poetico e toccante diretto da Carlo Emilio Lerici, è interpretato da Gianni De Feo, che rende molto bene il dramma interiore di Turing. Nella prima parte l'oscurità che lo avvolge sembra opprimere come una coperta di piombo: è lo smarrimento in cui Alan viene a trovarsi e questo senso claustrofobico del suo vivere si avverte tangibile nel tono della voce volutamente monocorde e a tratti ossessivo. Nella seconda parte, di grande poeticità e dolcezza, questa coperta plumbea viene strappata dalla decisione di fuggire nell'unico modo che conosce, addormentarsi per sempre, come quella Biancaneve del cartone animato di Walt Disney che lui tanto amava. Una frase, fra tutte, compendia in un amaro sillogismo il pensiero di Turing: "Alan dice che le macchine pensano. Alan giace con gli uomini. Quindi le macchine non pensano." Tutto quello che un uomo è, fa o dica per quanto bello, importante, vero sia, viene ridotto a nulla solo per una pretesa e non accettata diversità. Uno spettacolo che fa riflettere sulle tante, troppe, atrocità commesse, ieri come oggi, in nome dell'ipocrisia, dell''intolleranza e del non rispetto della dignità umana.
(Ilda Ippoliti)
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