in un teatro mai così pieno
Sabato 14 Marzo 2009
Se sabato 7 marzo Antonio Garau avesse assistito alla rappresentazione della sua commedia "Peppantiogu s'arriccu", della compagnia teatrale "Arriora" di Riola Sardo, avrebbe probabilmente vissuto lo strano fenomeno della perfetta identità tra fantasia e realtà; dove un personaggio così com'è stato ideato e fatto vivere su carta, prende miracolosamente forma e sembianze concrete. Un dejavù che più o meno ho vissuto io da spettatore, dopo aver ammirato la magistrale interpretazione di Silvano Atzeni, alias Giuseppe Antioco Pireddu da Ruinas, più semplicemente Peppantiogu.
Il teatro cittadino era gremito in ogni ordine di posto, tanto che per la prima volta, dall'inizio della manifestazione in onore di mastro Antonio, si son visti spettatori in galleria. Il tutto a favore di ben tre ore di spettacolo, godibili, il cui fulcro è sempre stato il secondo grande eroe della saga della commedia oristanese. Non ho potuto non chiedere almeno a uno di questi oltre duecentocinquanta spettatori, uscendo dal teatro, un parere sulla pièce, il quale (la quale), con affettata analisi, ha risposto: "La commedia è stata molto divertente e ha rispecchiato sicuramente, benché in chiave comica, la situazione d' isolamento sarda, non solo linguistica, di allora".
Al di là di quanto si potrebbe speculare tutt'oggi sul grado di dissociazione dal continente della nostra isola felice, il testo ben rappresenta, effettivamente, quanto potesse trovarsi in difficoltà un sardo a Roma, vista e vissuta non come la capitale abitata da milioni di persone, ma come un altro piccolo paesello, quasi confinante con Ruinas.
Peppantiogu è un ricco agricoltore sardo che decide di recarsi a Roma per far visita al cugino Daniele, guardaportone creduto dal nostro un generale dell'esercito. Che l'agricoltore ruinese non abbia ben colto la dimensione della città in cui si trova lo prova il suo discorso di presentazione ai capitolini: "Io sono Peppantiogu Pireddu, fradi di Liccu Pireddu, quello che avevano morto nel sorrobatorio…Ge si nd'heis a arregodai!".
Come no! Durante la ricerca del cugino s'imbatte nel ristorante Italia, gestito da Ganimede Scuatti (Mario Zoncu), dove incontra personaggi di ogni risma, dall'appassionato di calcio Arrigo (Gervasio Corrias), ai due truffatori Gastone (Marco Corrias) e Beppe (Vincenzo Cadoni). Proprio questi ultimi gli rubano il portafoglio, per il cui possesso arrivano a una lite furiosa nella quale ha la peggio Beppe, che morirà di lì a poco, non prima d'aver denunciato il suo ex complice.
Delazione che scagiona proprio Peppantiogu, inizialmente imputato dell'aggressione. Dopo le scuse di Ganimede, prende pernottamento nell'hotel del ristorante in camera con Arrigo, al quale regalerà una notte super movimentata a causa della sua imperizia di camere d'albergo.
A onor del vero ci si mettono anche Lucrezia (Angioletta Melis), moglie fedifraga erroneamente piombata nella camera e nel letto dell'agricoltore sardo, e Luciano (Marco Corrias), marito geloso che fa irruzione con la rivoltella in pugno. Con tutti i problemi che ha creato, Ganimede non può far altro che cacciare Peppantiogu dal suo albergo.
Nel frattempo, a Ruinas, giunge la notizia, mal riportata da un quotidiano nazionale, secondo il quale l' ucciso non è il truffaldino Beppe, bensì lo stesso Peppantiogu, cosa che scatena il pianto della moglie Mragalita (Amelia Piras), e della comare Angiuledda (Adele Diana), e le rivendicazioni dello sfortunato fratello Arramundu (Ignazio Corrias), accusato dalla stessa Mragalita d' aver lanciato un maleficio al marito. Il ritorno di Peppantiogu "me in' bidda" risolve tutti gli equivoci che l'avventurosa gita a Roma ha creato; con prevedibile finale comico: coi pochi soldi rimasti
Peppantiogu aveva comprato a Roma regali per amici e congiunti del paese ("Mragalita, mancu candu heus sposau t'hapu fattu un regalu aìci bellu!…O chi no cussu che hapu comporau po imi! Had'a benni tottu sa idda a ddu bi'!"), messi poi in un sacchetto, del tutto simile al sacchetto del cibo che distribuivano in treno e dove il contadino, una volta consumato, aveva riposto educatamente gli avanzi. Credo che sia inutile dire quale dei due sacchetti ha gettato dal treno, convinto fosse quello del pattume.
La commedia di non facile esecuzione è stata ben recitata, con gli attori che si son dimostrati all'altezza nel gestire i pochi momenti piatti, che una commedia degli anni trenta può ovviamente presentare.
Il testo del Garau, come già detto nella presentazione, è in un sardo arcaico, ormai persosi soprattutto a Oristano, dove proferire verbo nel nostro idioma è diventato sinonimo di arretratezza e provincialità (perché probabilmente si è convinti che evitando di parlare il sardo, il nostro capoluogo di provincia magicamente cessi di essere una piccola cittadina di circa trentamila abitanti, martoriata dagli scempi edilizi degli anni '50 e '60, solcata dalle sue strade disconnesse e abbellita dalle eccellenti scritte sui muri, che non hanno risparmiato neppure l'antica Chiesetta di Santa Chiara).
La compagnia "Arriora" ha così leggermente facilitato alcuni passaggi del testo (l'"arrastu de arracattu" dello scritto originale, per esempio, diventa il più comprensibile "fragu de cos'e pappai"), e per dare un respiro nazionale tra un atto e l'altro ha messo in sottofondo gli stornelli romani, tranne nell'intervallo prima dell'ultimo, in cui il pubblico ha atteso la fine della commedia al suono delle musiche nostrane.
Il presentatore della serata è stato Don Antioco Ledda, guida spirituale e non solo della comunità di Riola, che ha giustamente ringraziato il divertito pubblico.
Doveroso anche citare i collaboratori e gli attori che hanno fatto piccole comparse sul palcoscenico; in ordine casuale: Peppa Carrus, Luca Cadoni, Anna Maria Sanna, Mena Marini, Maddalena Cadoni, Rolando Suella, Franco Carta, Marisella Camedda e Dina Rindinella (siciliana ma sarda d'adozione).
Pierpaolo Medda
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