AL TEATRO LO SPAZIO di Roma
Il drammaturgo e regista Mario Prosperi
presenta:
"APOLOGIA" DI SOCRATE
riferita dal testimone PLATONE - nuova lettura italiana di MARIO PROSPERI
con Mario Prosperi
dal 5 all'11 novembre 2012
Com'era Socrate?
Dice Alcibiade nel Simposio che in apparenza era come quelle scatole in terracotta in forma di satiro che aperte mostrano l'immagine in oro di un dio
Al Teatro Lo Spazio di Roma il drammaturgo e regista Mario Prosperi, dal 5 al 11 novembre , propone "Apologia" di Socrate - riferita dal testimone Platone - nella nuova lettura italiana di Prosperi.
Lo spettacolo che lo stesso Mario Prosperi ha dedicato ai Discorsi di Lisia - quattro processi celebrati in Atene a partire dalla restaurazione democratica del 404 a.C., dopo la sconfitta militare contro Sparta e la dittatura dei Trenta Tiranni - si completa ora con questo altro processo che è il più carico di significati: il processo a Socrate. Stessi i giudici, stessa la situazione politica sullo sfondo, stesse le passioni legate alla legge democratica, che i partigiani di Trasibulo hanno riportato in città. Riapre un tribunale democratico in Atene dopo un periodo di illegalità e violenza ed è subito messo alla prova: i cittadini impoveriti dalla guerra e impauriti dalle minacce di chi non si rassegna a cedere alla legge democratica, trovano in Lisia il "logografo", ovvero lo scrittore di discorsi giudiziari, che dà loro una voce; ma dovranno pronunciare i loro discorsi di persona; così vuole la legge in Atene. Socrate all'epoca del processo aveva settant'anni; correva l'anno 399 a.C.
Com'era Socrate? Dice Alcibiade nel Simposio che in apparenza era come quelle scatole in terracotta in forma di satiro che aperte mostrano l'immagine in oro di un dio.
"APOLOGIA" di Socrate – riferita dal testimone PLATONE
nuova lettura italiana di MARIO PROSPERI
Aiuto Regista:Lavinia Mochi
Luci: Valerio Di Filippo
Al TEATRO LO SPAZIO:
Via Locri, 42 (zona San Giovanni) ROMA
Programmazione: in scena da lunedì 5 Novembre a domenica 11 Novembre 2012
Orario:
dal lunedì al sabato ore 20.45
- Domenica 11 novembre: ore 17.00
NOTA:
Socrate all'epoca del processo aveva settant'anni; siamo nel 399 a.C. La sua vita si era intrecciata con quella della intera democrazia ateniese; pur senza esercitare cariche pubbliche il suo insegnamento, ovvero la sua "ricerca del vero", era stata significativamente presente in tutti i problemi che riguardano l'onestà intellettuale e la sovranità della legge in una società democratica. Attraverso la vita di Socrate è così possibile tracciare un'anamnesi viva, originale, palpitante di quella città, che rispecchia mirabilmente problemi oggi vivissimi.
Socrate è un personaggio conteso da molti autori, antichi e moderni. Se lo contendono i comici (Aristofane ne fa il protagonista delle Nuvole) e gli allievi dichiarati (tra tutti Platone). Si dice che Lisia avesse offerto a Socrate il sostegno della sua parola – particolarmente importante perché le accuse fatte a Socrate venivano da uomini e visioni politiche di parte democratica e Lisia era autorevole tra i democratici – ma Socrate abbia voluto difendersi da sé, parlando a suo modo, interrogando i giudici, facendo ironie sui suoi accusatori, con la dialettica che in Atene tutti conoscevano e molti odiavano avendone fatte le spese. Da episodio giudiziario, il processo fu cioè sfruttato da Socrate, ormai anziano, per lasciare un messaggio finale ai suoi concittadini: un messaggio forte, non compromissorio, non mistificabile, che con la testimonianza della vita confermasse la dirittura morale di un insegnamento che egli distribuiva a tutti e non negò mai a nessuno, senza alcun profitto economico e senza vantaggi politici, per il solo amore della verità.
Accusato di essere ateo, Socrate si mostra invece un esperto indagatore dei misteri dell'anima. Il suo insegnamento iniziale e previo è l'umiltà intellettuale, ovvero "sapere di non sapere". Questo era il passaggio in cui i sofisti del tempo – professionisti del sapere e spesso mistificatori – restavano offesi dai modi dell'arte "maieutica" di Socrate. Si prendevano anche qualche sarcasmo, quando erano messi in contraddizione con se stessi dalla sua dialettica. E contro di lui stavano ora in piedi, armati della presunzione di sapere, tutti i suoi nemici, di tutti i partiti.
E Socrate gestì il suo discorso dal vivo: improvvisò, interrogò, confutò, secondo gli itinerari su cui lo conduceva il suo intimo interlocutore, quello ch'egli chiama "il dio", di lui più forte e luminoso, a cui ha deciso una volta per tutte di sottomettersi (e a nessun altro).
Ecco che Platone, dunque, nel presentarci l'Apologia di Socrate, assume il ruolo di un testimone: non precede ma segue. E per mettere in scena Socrate sarà necessario immaginarsi che Platone abbia – sia pure con devota fedeltà – ordinato la materia per un effetto di ordine e di sintesi, e che Socrate dal vivo fosse stato più guizzante e imprevedibile, più felice nel contraddittorio, scevro da ogni captatio benevolentiae, da ogni motus affectuum, e finalmente il sacerdote di una sublime veglia sul della morte, in cui egli assume tutti gli impegni di una legge che pur viene limitare usata contro di lui, ed è perciò lui che giudica dalla sua innocenza, paradossalmente, chi lo ha condannato, con la libertà e l'irriverenza di un satiro: così lo presenta nel Simposio il suo grande estimatore Alcibiade: uno di quei piccoli satiri in terracotta che gli scultori fanno divisibili in due parti e che nel loro interno celano l'immagine in oro di un dio. O per citare un autore più vicino a noi il santo bevitore di Joseph Roth.
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