Dal 26 febbraio al 15 marzo 2015
BUON LAVORO
focus Lombardia
un report teatrale dal mondo del lavoro lombardo
progetto di Elisabetta Vergani e Maurizio Schmidt
realizzato da Farneto Teatro
con Lorenzo Frediani, Marta Lunetta, Giuseppe Palasciano, Emilia Scarpati Fanetti,
Silvia Valsesia, Elisabetta Vergani
musica dal vivo di Giulia Bertasi
responsabile tecnico Giulia Rota
assistente alla regia Maria Vittoria Bellingeri
segreteria organizzativa Valentina Brignoli
organizzazione generale Davide Pansera
regia Maurizio Schmidt
Il 2014 si è concluso con un tasso di disoccupazione giovanile in Italia pari al 42,9%. L'anno appena trascorso ha visto la chiusura di 11.000 aziende italiane e il nostro Paese si è affacciato al nuovo anno con 3.322.000 disoccupati.
Nel 2014 ci sono stati 660 morti sul lavoro, il 29,9% degli italiani vive sotto la soglia di povertà, il 10% trova lavoro 2 mesi ogni 10. Questi sono i numeri. Dentro i numeri ci sono le persone con le loro storie, le loro vite, le famiglie, i desideri e le aspirazioni; le loro esperienze di identità e felicità spesso negate.
Buon Lavoro nasce dalla ricerca che dal 2013 ha portato Farneto Teatro a incontrare lavoratori e lavoratrici di diverse parti d'Italia per raccogliere storie, opinioni e testimonianze sul mondo del lavoro di ieri, di oggi e di domani.
Lo spettacolo arriva al Teatro Verdi di Milano arricchito da nuove storie raccolte nei primi mesi del 2015 in tutta Italia e in particolare in Lombardia. Lo spirito del progetto è quello dell'opera teatrale aperta, il testo è in costante rielaborazione, report fedele di un mondo del lavoro in continua trasformazione.
Vogliamo dare voce al mondo del lavoro e alle sue contraddizioni: al lavoro dei giovani, a quello delle donne, al lavoro che c'è, a quello che manca e a quello che vorremmo che ci fosse. Vogliamo farlo con i mezzi del teatro: facendo parlare le persone, senza retorica, raccontando le loro differenti storie di lavoro stabile, precario, sommerso o inesistente e l'impatto che quelle storie hanno sulla qualità della loro vita e sul futuro di tutti noi.
L'origine di Buon Lavoro
Il progetto Buon Lavoro ha inizio ad ottobre 2013. Maurizio Schmidt ed Elisabetta Vergani coordinano il lavoro di una compagnia di giovani attori attraverso una ricerca in tutta Italia di storie di lavoro significative. Le interviste fatte sono tante e coprono quasi tutte le regioni italiane e molte categorie di lavoratori, dall'impiegato pubblico, al pescatore, al coltivatore, all'operaio, all'avvocato, al giovane precario ecc… Da questo materiale nasce lo spettacolo teatrale Buon Lavoro che debutta a Sesto San Giovanni, presso lo Spazio MIL, a marzo 2014. Questa prima versione dello spettacolo racconta il lavoro in Italia coprendo in termini di rappresentatività, attraverso le storie raccontate, una buona parte del territorio nazionale.
Lo spettacolo viene ripreso al Piccolo Teatro di Milano in occasione della festa del Primo Maggio 2014 e si prepara poi ad un tour in Italia durante il quale, ad ogni tappa, ci sono piccoli cambiamenti nella drammaturgia: a seconda del territorio si inseriscono storie legate alla tradizione produttiva del posto.
Quello che si vuole fare con questa "fase 2" di Buon Lavoro è un focus lombardo approfondito: non più inserire o eliminare qualche scena ma riscrivere lo spettacolo, raccogliere e scrivere nuove storie che, all'interno di un inquadramento nazionale, parlino del lavoro in Lombardia, quello di oggi e quello di ieri, quello che c'è e quello che manca.
Il progetto
Farneto Teatro dà voce alle storie personali eppure collettive dei lavoratori e delle lavoratrici e realizza uno spettacolo popolare sul senso del lavoro, che nasce dalla partecipazione del maggior numero possibile di voci raccolte tramite interviste e riportate in forma drammaturgica.
L'indagine sulla realtà lombarda porta gli attori di Farneto Teatro, da ottobre 2014 a febbraio 2015, ad incontrare lavoratori e lavoratrici di diverse categorie: una raccolta in presa diretta di storie personali, opinioni, testimonianze, raccolte attraverso interviste, osservazioni sui luoghi di lavoro o tramite il sito www.buonlavoroteatro.it.
Le storie raccolte vengono lavorate in una drammaturgia che va a comporre lo spettacolo, con l'intento di restituire ciò che si è ascoltato. Lo sguardo è quello di cui è capace il teatro: sulla persona umana che è il lavoratore e sulla capacità che ha il lavoro di mettere in relazione gli uomini. Buon Lavoro è "un'opera teatrale aperta" che, dopo la prima tappa a Sesto San Giovanni a marzo 2014 viene scritto e riscritto, arricchito continuamente da nuove voci, e tarato su specifici territori, in questo caso quello lombardo.
Questo perché pensiamo che attraverso la narrazione dell'identità lavorativa di un territorio si possano cogliere aspetti umani che sfuggono ad altri tipi di osservazione. E inoltre il processo di indagine che si mette in moto diventa già di per sé un percorso di coinvolgimento e riflessione, un workshop teatrale aperto ed inconsapevole fatto di intervistatori ed intervistati, un meccanismo partecipativo forte perché incentrato su un tratto profondo dell'identità, quello del lavoro.
Gli obiettivi
Diamo voce al mondo del lavoro e alle sue contraddizioni: al lavoro dei giovani, a quello delle donne, al lavoro che c'è, a quello che manca ed a quello che non si vede. Lo facciamo con i mezzi del teatro, cerchiamo di far parlare le persone, farle raccontare le loro storie di lavoro stabile, precario, sommerso o inesistente e l'impatto che hanno sulla qualità della loro vita e del loro futuro. Pensiamo che il teatro possa indagare là dove le altre forme di comunicazione non hanno più parole e rischiano la retorica; e che quindi un progetto che si proponga di raccontare la realtà semplice e vera del lavoro oggi, permetta di condividere e rimettere in circolo esperienze di identità e felicità spesso negate.
Buon Lavoro pone gli spettatori di fronte alla complessità, piuttosto che spiegare quella complessità con tesi precostituite: un report abitato dalle figure del mondo del lavoro di oggi e che affronta anche il tema del conflitto fra generazioni, con un particolare sguardo alla condizione femminile, quale ambito in cui le contraddizioni sono più evidenti.
Perché BUON LAVORO
Al bar o in metropolitana, sul posto di lavoro o nel saluto al suo papà di un bambino che va a scuola, "Buon Lavoro" è una delle frasi più usate che ci siano. Ma è davvero buono quel lavoro?
Quella frase oltre ad essere un augurio è soprattutto un obiettivo, perché il lavoro molto spesso non è affatto buono.
Perché è nero, precario, sommerso, schiavizzato, inesistente, introvabile, luogo di esclusione; perché la friabilità dei suoi diritti crea rabbia, assenza di ruolo, conflitto di genere, assenza di autonomia; e perché la sua negazione pone in conflitto chi lo cerca e chi lo difende, rende impossibile l'ingresso nella vita adulta per i giovani, ribadisce un'assenza di parità per le donne per le quali il lavoro di cura, invisibile e non retribuito, spesso è costrizione e non scelta. E perché di lavoro troppo spesso si muore per mancanza di prevenzione, sicurezza, cura della salute, proprio in quei luoghi che dovrebbero essere portatori di vita e non del suo contrario.
Per la verità è sempre più difficile dire "Buon Lavoro" in una società dalle nuove e sempre più grandi diseguaglianze; e non è facile parlare delle paure, delle contraddizioni e delle rivalità che si generano mentre ci scambiamo quella frase.
Guardarlo davvero il lavoro, contrapponendo il punto di vista di chi ama il proprio lavoro con il punto di vista di chi ne è umiliato per la sua alienazione o mancanza, può costituire non solo una denuncia, ma anche una enunciazione. L'affermazione di fatto che un'altra via, alternativa a quella dell'oggi, sarebbe possibile; che il Mercato, la Finanza, lo Sviluppo – i quali il più delle volte significano enormi privilegi per pochissimi e povertà, miseria e sottosviluppo per i più - possono e devono essere sostituiti con altre parole, con altri strumenti di pensiero che portino all'umanizzazione del lavoro. Che "Buon Lavoro" diventi davvero Lavoro Buono.
La drammaturgia e il metodo di lavoro
La drammaturgia dello spettacolo sarà il frutto dell'elaborazione in forma teatrale delle testimonianze dirette raccolte sul campo e insieme delle sollecitazioni che testi letterari, poetici, diari e saggi critici ci forniranno come base culturale per affrontare il tema del lavoro.
Il metodo di lavoro coincide quindi con la sua forma. In estrema sintesi è quello di un report che si proponga come fine l'onestà della restituzione e non l'utilizzo dei materiali a supporto di una tesi precostituita.
Ne deriva una grande raccolta di testimonianze di esperienza di lavoro e non lavoro, sintetizzate per la scena fino a comporre una narrazione collettiva: tante piccole storie per disegnare una grande storia da riproporre a chi, intervistato, ne racconterà un capitolo, un diario di viaggio, il racconto di un incontro con il popolo del lavoro.
E' elemento fondativo del progetto quindi, l'apertura alla compartecipazione di tutti coloro che possano e vogliano portare il contributo della propria storia.
I metodi di raccolta delle storie e delle suggestioni sono quattro:
- attraverso contributi volontari che vengono raccolti attraverso il sito www.buonlavoroteatro.it
- attraverso l'organizzazione di incontri ed interviste in luoghi di lavoro con delegati, lavoratrici e lavoratori
- attraverso l'osservazione partecipata in situazioni particolari per ottenere impressioni e suggestioni più dirette. Come è noto il metodo dell'osservazione partecipata non utilizza la mediazione del racconto del protagonista, ma le impressioni a caldo del partecipante esterno.
- attraverso l'utilizzo di materiali esistenti (video, pubblicazioni, racconti, studi, film …)
Da questo metodo deriverà un montaggio multimediale, agile e anche divertente di scene e situazioni differenti contrapposte tra di loro. La presenza e la fantasia degli attori, la musica, e le suggestioni video e sceniche ne costituiscono la materia prima.
Si ispira ad una teatralità epica che possa raggiungere ogni sensibilità e adattarsi ai differenti spazi del sociale (sale congressi, teatri, piazze o palestre, luoghi di lavoro o scuole). E' un'"opera teatrale aperta" perché la raccolta di materiali continua durante le repliche e – data la grande mole di materiale a disposizione - la scaletta dello spettacolo si modifica a seconda delle situazioni in cui lo spettacolo viene realizzato.
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