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lunedì 16 febbraio 2015

Al Teatro Coccia Simone Cristicchi in MAGAZZINO 18





Giovedì 26 febbraio 2015 ore 21.00 – Fuori Abbonamento


Simone Cristicchi
in
MAGAZZINO 18




Uno spettacolo
di Simone Cristicchi
Scritto con Jan Bernas
Regia Antonio Calenda

Musiche e canzoni inedite Simone Cristicchi

Musiche di scena e arrangiamenti Valter Sivilotti
registrate dalla  FVG Mitteleuropa Orchestra

Coproduzione
Promo Music e Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia

Con la partecipazione del
Coro delle Voci Bianche dell’Accademia Langhi di Novara.
Maestro del coro Alberto Veggiotti




Novara 16 Febbraio 2015. Affrontare un periodo storico importante e recuperare la memoria (anche culturale) della città, legata al tema dell’Esodo Istriano, a pochi giorni di distanza dal Giorno del Ricordo.
E’ inserito all’interno del progetto “Cultura e Aree Urbane – Sistema Culturale e Casa Bossi” finanziato da Fondazione Cariplo, lo spettacolo “Magazzino 18” del cantautore Simone Cristicchi, che la Fondazione Teatro Coccia propone Giovedì 26 Febbraio alle 21, in un evento speciale fuori stagione.
Lo spettacolo è scritto da Cristicchi con Jan Bernas e porta la firma di regia di Antonio Calenda, con musiche e canzoni inedite scritte dallo stesso Cristicchi che sarà accompagnato dal Coro delle Voci Bianche dell’Accademia Langhi di Novara, diretta dal Maestro Alberto Veggiotti.
L’edificio che dà il titolo allo spettacolo, si trova al Porto Vecchio di Trieste. E’ un «luogo della memoria» particolarmente toccante, che racconta una pagina molto dolorosa e poco nota della storia d’Italia: l’esodo degli Italiani dall’Istria. Con il trattato di pace del 1947, infatti, l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera. Circa trecentomila persone scelsero, quindi, di fronte ad una situazione di estrema difficoltà, di abbandonare le loro terre, destinate a non essere più italiane. Nel far questo, abbandonarono tutti i loro umili beni (persino sedie, materassi, letti, stoviglie, fotografie, giocattoli) in questo magazzino, nella speranza di poterli un giorno recuperare, e dove, invece, questi sono rimasti accatastati. Simboli di vite semplici e dello scorrere quotidiano dell’esistenza, ad un tratto interrotto dalla Storia.
Colpito da questa pagina della storia italiana, troppo poco frequentata, Cristicchi ha scelto di ripercorrerla in un testo in cui ogni oggetto riporta alla luce la vita che dietro vi si nasconde e in cui i registri narrativi, i costumi e le atmosfere restituiscono una sorta di reportage storico, in una forma decisamente nuova.
L’iniziativa riporta alla memoria del territorio la storia troppo spesso dimenticata, relativa al Villaggio Dalmazia; un’occasione speciale di recupero della memoria culturale di Novara. Con la stessa finalità, Venerdì 27 febbraio alle 10, al Teatro Coccia andrà in scena la replica dello spettacolo, destinata alle scuole e, a seguire, sempre in teatro, l’incontro tra Simone Cristicchi e gli studenti che assisteranno allo spettacolo.
Per informazioni www.fondazioneteatrococcia.it - 0321.233200.



Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante. Racconta di una pagina dolorosissima della storia d’Italia, di una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta del nostro Novecento. Ed è ancor più straziante perché affida questa “memoria” non a un imponente monumento o a una documentazione impressionante, ma a tante piccole, umili testimonianze che appartengono alla quotidianità.

Una sedia, accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. Simile la catalogazione per un armadio, e poi materassi, letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi… Oggetti comuni che accompagnano lo scorrere di tante vite: uno scorrere improvvisamente interrotto dalla Storia, dall’esodo.

Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate ad essere jugoslave e proseguire la loro esistenza in Italia. Non è facile riuscire davvero a immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale sofferenza intere famiglie impacchettarono tutte le loro poche cose e si lasciarono alle spalle le loro città, le case, le radici. Davanti a loro difficoltà, povertà, insicurezza, e spesso sospetto.



Simone Cristicchi è rimasto colpito da questa scarsamente frequentata pagina della nostra storia ed ha deciso di ripercorrerla in un testo che prende il titolo proprio da quel luogo nel Porto Vecchio di Trieste, dove gli esuli – senza casa e spesso prossimi ad affrontare lunghi periodi in campo profughi o estenuanti viaggi verso lontane mete nel mondo – lasciavano le loro proprietà, in attesa di poterne in futuro rientrare in possesso: il Magazzino 18.



Coadiuvato nella scrittura da Jan Bernas e diretto dalla mano esperta di Antonio Calenda, Cristicchi partirà proprio da quegli oggetti privati, ancora conservati al Porto di Trieste, per riportare alla luce ogni vita che vi si nasconde: la narrerà schiettamente e passerà dall’una all’altra cambiando registri vocali, costumi, atmosfere musicali, in una koinée di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova, che forse si può definire “Musical-Civile”.

Lo spettacolo sarà punteggiato da canzoni e musiche inedite di Simone Cristicchi, eseguite dal vivo.





DICHIARAZIONE DI SIMONE CRISTICCHI

Sono sempre partito da grandi silenzi: quelli del manicomio, delle miniere, delle guerre mondiali. Dal giorno in cui, due anni fa, attraversai il vecchio portone del Magazzino 18, sono stato ossessionato dal silenzio imbarazzante che respirai lì dentro, tra le masserizie degli esuli in fuga dalla Jugoslavia dal 1947. L’esodo di italiani cancellati dalla storia. O la vicenda pressoché sconosciuta dei cosiddetti “rimasti”, che fecero la scelta opposta. La guerra di invasione voluta dal fascismo. Poi, le foibe e la strage di Vergarolla, la più grave mai accaduta in Italia. La piccola Marinella Filippaz, morta di freddo nel Campo Profughi di Padriciano nel 1956. Il sogno infranto dei 2000 monfalconesi che credevano in un sol dell’avvenire che poi non è mai sorto, ma si è spento nel lager titino di Goli Otok. “Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani...”

Con l’aiuto di Jan Bernas, mi sono immerso nell’umanità sconvolta da questo uragano della Storia, un esodo che le ideologie hanno strumentalizzato fin troppo, un dolore che non può avere un colore politico, ma solo rispetto; una storia che in qualche modo aspettava e meritava di essere narrata e cantata, dopo settant’anni di oblio.

È un grande privilegio essere diretto dal M° Antonio Calenda, con cui abbiamo pensato lo spettacolo come una sorta di “musical-civile”, un' opera di “educazione alla memoria” in cui interpreterò vari personaggi, canterò i brani inediti scritti per lo spettacolo, accompagnato dalla grande FVG Mitteleuropa Orchestra diretta dal M° Valter Sivilotti, e un coro di 40 ragazzi. Il pubblico seguirà l’avventura di uno sprovveduto archivista romano, inviato dal Ministero a redigere un inventario; incontrerà lo “spirito delle masserizie” e gli altri protagonisti nascosti tra gli oggetti. Video proiezioni, musica, canzoni e fotografie accompagneranno il pubblico verso un finale che è un tributo alle vittime, e nello stesso tempo la visione di un futuro possibile.

Un testo che non fa sconti a nessuno, e che proprio in virtù di questo si prefigge una auspicabile pacificazione tra le parti. Per andare finalmente avanti, insieme! Come dice Claudio Magris “La memoria è la libertà dall’ossessione del nostro passato.” 







FONDAZIONE TEATRO COCCIA
Via f.lli Rosselli, 47 - 28100 Novara (NO) – P. Iva 01980910036 – Tel. +39.0321.233200 – Fax +39.0321.233250
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