Questo film sperimentale documenta quattro femminielli-protagonisti descrivendo la loro situazione personale. Questo viene fatto attraverso esemplari tagli filmici ad alta intensità che raffigurano molti dettagli di questo culto e la sua rilevanza socio-culturale. Essi incarnano un'antitesi, che sta lentamente scomparendo, all'orientamento corrente – globale-occidentale – dei consumatori e alla società della comunicazione.
Il set più adatto per questo film non poteva che essere il quartiere spagnolo – dove vivono i femminielli – accuratamente evitato dalle cosiddette classi superiori di Napoli. Questo antico "Culto-Ermafrodita" è mantenuto in un territorio di cultura naturale per mezzo della sua densità e della sua struttura architettonica e sociologica – stretti vicoli, le montagne di rifiuti, il rumore quotidiano, l'economia sommersa e la criminalità. Questo film offre allo spettatore una nuova, ampliata e sorprendente vista del mondo transessuale.
Pezzella ci aveva abituato a destinare l'attenzione su alcuni microcosmi etnografici (Mia Zia, 1989, Cocullo, 2000-2006) dove erano ammantati su pellicola 16mm specifici riti e tradizioni attraverso un coinvolgimento arcano e non oggettivante. Una sollecitudine rinforzata in quel immergerci nei ritmi visivi elaborati da un cineasta per il quale il montaggio entro i fotogrammi deve restituire delle cadenze regolari, insite in una discontinuità temporale, che una volta transitate nella stessa discontinua dimensione psicologica subiscono un'aritmetizzazione personale. In questi due film la componente sonora era utilizzata talvolta come un accenno di contrappunto musicale nonché in considerazione di una phonè ardita ma non ancora articolata nel proposito discorsivo. L'apporto che Pezzella adesso introduce nel suo primo lungometraggio Femminielli, 2001-2014, è conseguente a un pensiero filmico anti-modernista che non attesta a retrocedere nemmeno di fronte all'odierno accelerato corso iper-tecnocratico.
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