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Cinema e Teatro

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mercoledì 16 dicembre 2009

Intervista a Lorenzo Balducci giovane promessa del cinema nazionale e internazionale.


Lorenzo Balducci è uno dei i più talentuosi tra i giovani attori italiani, a soli 27 anni ha già al suo attivo 3 film come protagonista tra cui "Io Don Giovanni" di Carlos Saura e una fiction di qualità "Le cose che restano" al fianco di Claudio Santamaria e Paola Cortellesi. Lorenzo si sta preparando per il prossimo film di Andrè Techinè "Terminus des anges" con Andrè Dussolier e Carol Bouquet.

Il corriere del web lo ha incontrato

Ciao Lorenzo, come sei arrivato all'idea di voler fare l'attore,e come è stata la tua formazione?
Beh, che l'arte del cinema, della recitazione fosse per me ci ho messo poco a capirlo,perchè da piccolo, malgrado il carattere che avevo, molto introverso e timido, spesso avevo problemi a relazionarmi con gli altri bambini, non era una cosa patologica, ma sicuramente vedevo che facevo difficoltà ad instaurare dei rapporti in cui mi sentissi veramente a mio agio. Dentro di me c'era questa voglia incessante di esprimermi, come per creare delle persone, delle realtà diverse da me, soprattutto sotto forma di scrittura, scrivevo delle piccole storie, ma giocavo anche con la telecamera. All'epoca si sapevo che esisteva il mestiere dell'attore, ma non riuscivo ancora a proiettarmi in quell'ottica. E' stato poi a 14 anni, sotto consiglio di mia madre che iniziai a frequentare un laboratorio teatrale. Sul palco di questo laboratorio, ho avuto la conferma, che la mia passione era un'intenzione vera e propria a volermi scontrare con questa realtà che è estremamente difficile anche se giocosa, divertente. Erano bellissime e straordinarie il tipo di sensazioni che sentivo a pelle. Questo laboratorio l'ho fatto per 3 anni. A 18 anni ebbi la mia prima esperienza cinematografica nel film di Pupi Avati "I cavalieri che fecero l'impresa", per me un mondo assolutamente sconosciuto e strano, che mi incuteva timore, quello che ora mi sembra gestibile allora mi sembrava insormontabile. Ho fatto poi un'altro film con Avati "Il cuore altrove", poi tante fiction, un film con Verdone "Ma che colpa abbiamo noi" del 2003 in cui interpretavo suo figlio, e quella è stata all'epoca una delle emozioni più grandi, un set cmq, ai miei occhi, difficile, Verdone era il protagonista, il regista, lui è una persona estremamente seria sul set, io ero sempre molto attento e in fase di studio, tutt'ora lo sono, ma con maggiore elasticità, è proprio un mio modo di vivere quello di saper cogliere dalle situazioni.
Se potessi tu scegliere un ruolo, adesso, in questo momento della tua carriera che ruolo vorresti interpretare?
Mi piacerebbe interpretare una commedia, sembra facile come risposta, ma in realtà è molto più complessa l'idea che ho di questa commedia, di fare ridere come piace a me, che esiste, ma non in Italia. Nel nostro paese il pubblico è stato educato a vedere commedie molto dirette, ma che restano in superficie e non vanno dentro le cose, invece un certo tipo di commedia inglese, o anche un certo tipo di commedia demenziale americana che trovo straordinaria. Jim Carrey che è uno degli attori che preferisco, in realtà molti dei miei attori preferiti fanno dei film molto drammatici da Leonardo Di Caprio,a Ewan Mc Gregor. Ad esempio se "Moulin rouge" di Baz Lurmann, lo girassero a Roma in questo momento, io sognerei di fare la parte interpretata da Ewan Mc Gregor, in realtà questo film non è una commedia, è un film drammatico, dove Mc Gregor fa a livello di lavoro sul personaggio un percorso a a 360°. Lo stesso Jim Carrey in "The Thruman show" o "Yes man" tocca un po' tutti gli estremi.
Questo è il tipo di ruolo che mi piacerebbe interpretare, anche se nelle mie corde ci sono i film drammatici, quando leggo in un copione, un testo in cui mi riconosco, perchè va a toccare determinate corde mi sento a casa, ma vorrei sentirmi meno a casa, e sperimentare.
Tu sei stato il protagonista del primo film di Luciano Melchionna "Gas" hai partecipato al suo spettacolo teatrale "Dignità autonome di prostituzione",che rapporto hai con lui?
Al momento Luciano è il regista con cui mi sono trovato meglio, al livello di lavoro in coppia sul set, perchè è proprio lì che si vede quanta abilità, e intelligenza il regista può avere nel saper tenere gli attori con se e non lasciarli soli. In "Ce n'è per tutti" io ho recitato un primo piano, uno dei più difficili, tra l'altro, in cui dovevo piangere, e l'ho recitato avendo davanti Luciano, perchè la Sandrelli quel giorno non poteva. Lui comunque sente più sotto controllo la scena se sta su di noi, e anche se si allontana fino a due scondi prima del ciak è stato vicino agli attori. "Gas" è del 2005 è stata la prima esperienza di Luciano Melchionna come regista cinematografico, e la mia prima come attore protagonista, non mi sono mai sentito a disagio, le riprese durarono 5 settimane, la maggior parte delle quali a Latina, e non ci staccavamo mai dall'idea del film. Io non sono uno di quegli attori che vive il personaggio anche quando esce dal set, Luciano però era talmente entusiasta e impaurito di questa sua prima esperienza, ma non lo dava a vedere,era si alla sua prima esperienza cinematografica ma con una lunga carriera teatrale alle spalle. "Gas" è un film che ha avuto molte problematiche, essendo un film "difficile" c'è sempre il problema di spiegare quello che stai facendo alla produzione e Luciano lottava ogni giorno per affermare il proprio stile, che è quello che molto spesso viene censurato agli autori italiani in generale, a meno che non siano loro ad autocensurarsi. Ormai c'è il terrore di scrivere le proprie idee, perchè forse non va bene per il mercato, e quindi "Gas" è veramente il film di Luciano Melchionna. di "Gas" ricordo la fatica fisica, il tipo di violenza verbale e fisica che riecheggiava tra i personaggi, ciascun personaggio era una storia a se.
Dignità autonome di prostituzione , per me per il momento è stata solo una piccola parentesi, ho fatto solo la seconda edizione, per me è stata una palestra, la fatica fisica, l'idea di stare due settimane in quella stanza a recitare a un metro di distanza dal pubblico, mi dava una grande forza, e pensare che questa era la cosa che prima di iniziare mi spaventava di più , perchè in questo modo si annienta la barriera tra attore e spettatore. Io stesso chiedevo di mettere più gente possibile più gente c'era più energia si creava. Facevo un monologo che si chiamava "L'imbecille" un ragazzo che mentre era in motorino viene investito da un suv. Il monologo parte da per terra con il ragazzo che è ferito con i casco in testa,e mi ricordo i dieci secondi che precedevano l'entrata delle persone e mi dovevo caricare, a volte davo dei pugni al muro, il monologo era rivolto ad una persona che non era tra di loro quindi non dovevo guardare loro, ma tra di loro, ma li sentivo lì con me. La cosa straordinaria e surreale era quella di sentirsi facente parte di un'unica cosa, senza però poter interagire gli uni con gli altri. Alla fine delle due settimane ringrazi il cielo che sia finita ma solo per un discorso di stanchezza fisica, perchè per il resto era un arricchimento umano e artistico infinito.
Hai girato un'altro film sempre di Luciano Melchionna "Ce n'è per tutti"uscito il 20 novembre, in cui tu interpreti il protagonista Gianluca. Gianluca ha dei rapporti reali solamente con un'altro personaggio, la nonna interpretata da Stefania Sandrelli, come mai?
Perchè la nonna di Gianluca è l'unicoa individuo sulla terra, nel mondo di Gianluca che non solo capisce il nipote, il suo dramma, il suo disagio. Per "colpa" della sua sensibilità molte cose non gli passavano così lisce come l'olio: l'indifferenza delle persone, la volgarità , la violenza fisica, questa società che ti affscina , che ti vuole comprare, che ti sfrutta, queesta assoluta mancanza di ideali, hanno reso Gianluca ferito, non è un personaggio disadattato, vuole trovare il suo spazio, affermare quella che è la sua identità. Molte volte si trova a scontrarsi con situazioni di indifferenza, volgarita che gli altri danno per scontate, loui le assorbe e mano a mano, a causa della sua forte sensibilità diventano sempre più forti, e questo è il motovo per cui decide di staccarsi, e prendersi una pausa dal mondo, dagli altri. La nonna è l'unica persoan che è in grado di parlare al nipote in modo semplice e gli fa capire che questo mondo è quello che è non può essere cambiato e che solo i nostri piccoli gesti quotidiani possono darci la possibilità di vederlo in maniera diversa e accettare, perchè non si può sfuggire da una realtà che è fatta così purtroppo, e Gianluca si sente debole di fronte a questo impegno, perchè ha fortemente provato a cambiare a sentirsi diverso.
Lorenzo tu hai interpretato Lorenzo Da Ponte nel film "Io Don Giovanni" di Carlos Saura, che è stato presentato all'ultima edizione del Festival del Cinema di Roma. Come sei stato trovato da Saura,e come ti sei preparato a interpretare un uomo che fino ad una certa età è stato un donnaiolo e poi, invece, si è sposato e ha avuto molti figli.
Io ho conosciuto Saura nel 2006, mentre giravo "Il sole nero", poi sono andata a Vienna per fare un provino con Saura, e li passai tempo in albergo a studiare il testo in cui Da Ponte racconta a Mozart la trama del Don Giovanni, e cerca di convincerlo a iniziare quest'avventura, che è tutta la chiave del film . Per me il lavoro era così incredibilmente ricco di elementi da sfruttare a mio favore, dal punto di vista della teoria, le memorie di Lorenzo Da Ponte, i quadri, la musica, ceh è stata fondamentale, era la prima volta che mi trovavo a recitare con la musica sul set. fare un film in costume è una sensazione che percepisci solamente nell'istante in cui la stai vivendo, nè prima nè dopo, il primo vero contributo che io ho dato al personaggio è stao quando ho fatto la prova costumi, perchè per quanti io avessi visto film, osservato quadri, e quando ho visto la mia immagine con la parrucca, con quegli abiti, con quel tipo di trucco, in questo caso l'abito fa il monaco, e impressionante come tutto aderisca alla perfezione. A me piacciono molto i contrasti nella vita in generale, quindi vedere questo microcosmo fatto da attori, musicisti, scenografie, all'interno di studi moderni con persone della troupe che non sono, vestiti come te mi aiuta invece di alienarmi.Per la preparazione c'è tutto un lavoro che è legato alla tecnica al tipo di comportamento del personaggio, la cosa più difficile è stata cercare di aderire all'arroganza del personaggio, a questa sua intraprendenza, che mi appartiene nella vita, ma sotto tutta un'altra forma, mi sento sicuro e intraprendente quando so cosa voglio fare nella vita. In questo caso era un'altra storia, quel tipo di sicurezza, di cinismo che i personaggio ha non mi apparteneva, e neanche il tipo di giocosità, perchè Saura mi diceva molto spesso ti devi divertire, nel passaggio tra Venezia e Vienna, c'è un arricchimento del personaggio, diventa molto più cinico.

Secondo te qual'è il ruolo più difficile da interpretare per un'attore. C'è qualche personaggio che ti è rimasto dentro?

Diciamo che il ruolo giusto per te, almeno per quello che mi riguarda, è qullo che ti fa sentire a disagio, che ti mette alla prova, e così è stato per "Io Don Giovanni", in parte per "Ce n'è per tutti" e così sarà per il prossimo film di Techinè, è uan sfida vera e propria, perchè è proprio un percorso, che inizia molto prima dell'inizio del film, che termina poco prima dell'inizio delle riprese, e che poi ricomincia sul set, che è ancora un'altra storia.

Dei personaggi mi rimane solo un ricordo, come un 'idea malinconica, per fortuna e purtroppo, perchè da molti personaggi si può imparare tanto, ma l'esperienza del set inizia e finisce e questo senso di abbandono che si sente e che io porto con me per diversi giorni, a volte anche diverse settimane dopo la fine delle riprese, e così vale per il personaggio, perchè è strano ma ci si abitua al nome, al nome che non hai, questa malinconia è comunque bella, forse perchè ci piace farci male, ma ecco non sono mai stato vittima di un personaggio, perchè per me la recitazione resta un gioco.

In Marzo andrà in onda sulle reti Rai la fiction "Le cose che restano" di Tavarelli, sceneggiato da Rulli e Petraglia con Claudio Santamaria e Paola Cortellesi, tu interpreti il ruolo di "Nino" il fratello più piccolo dei due protagonisti, parlami del tuo personaggio.

Questo personaggio ha un percorso che è infinito, che molto spesso in un film non hai la possibilità e il tempo di interpretare, invece nell'arco di 4 puntate, che sono 4 film dove le cose iniziano, finiscono, si intrecciano ci sono molte cose che restano per Nino in sospeso. "Le cose che restano" è una di quelle storie in cui davvero hai la possibilità di interpretare una vita vera e propria, è un concentrato estremamente affascinante e complesso di quella che è la nostra realtà, la nostra società. E' incredibile il tipo di sfumature che ha questo personaggio in questa storia, si è appena laureato, ha una storia con una donna più grande di lui e sposata, interepretata da Antonia Liskova, dei tre fratelli è quello che ha più contrasti con il padre. Io ho accettato il ruolo di corsa, prima di leggere tutte e 4 le sceneggiature, e ho saputo che lo avrebbero fatto Claudio Santamaria e Paola Cortellesi, dopo che avevo accettato, ma appena avuta la notizia ero al settimo cielo, anche perchè è stata la conferma di cui avevo bisogno, e mi piaceva questa idea che fosse il cinema in tv, un prodotto totalmente diverso da quello che si può vedere, e a cui siamo abituati da troppo tempo. Un prodotto cinematografico, ma con i ritmi televisivi, e quella è la sfida, essere pronti a livello di memoria, di energia, memoria anche livello temporale di quello che succede nella storia si gira in sequenza, abbiamo girato un mese all'interno della nostra casa, 5 mesi in cui ho avuto veramente voglia di andare al lavoro, ho sempre fatto film che avevano al massimo due mesi di lavorazione e qui poer me l'impegno era non dico tutti i giorni , ma su 90 giorni di lavorazione ne ho fatti 70. E ogni giorno con l'entusiasmo e la voglia di mettermi alla prova, e una tale varietà di situazioni, e personaggi, un attore diverso da un altro, vuol dire anche un diverso modo di fare l'attore, un di diverso modo di portare la propria arte la propria visione, questo incontro scontro era meraviglioso, e anche l'idea della famiglia di attori che non si conoscono ma che creano un qualcosa e quella la cosa vera che resta dopo il film.

Stai preparando Il nuovo film di Andrè Techinè"Le terminus des anges" con Carol Bouquet e Andrè Dussolier. Tu che ruolo interpreti? E come ti senti a fare un altro film non italiano dopo "Io Don Giovanni"?

Ci sono tutti gli ingredienti per poter aver paura, è un'esperienza più grande di me. In primis il set internazionale, è una storia francese/italiana: uno scrittore (Andrè Dussolier) decide di andare in pensione e trasferirsi a Venezia lì conosce una donna (Carol Bouquet). Li ritroviamo qualche anno dopo, marito e moglie o comunque insieme, lo scrittore, si metterà alla ricerca di sua figlia, una ragazza di trenta anni, sposata con figli che è scomparsa, e si fa aiutare da un investigatrice, che probabilmente sarà interpretata da Adriana Asti, l'investigatrice ha un figlio (interpretato da me) che sta per ucire di prigione dopo 6 anni, perchè ha ucciso una persona nella prima scena del film, questo figlio Jéremie, si chiama così perchè il padre era francese, e lo ha perso quando aveva 16 anni, è un ragazzo primitivo, un po'autistico, con delle manifestazioni di violenza destabilizzano, estremamente sincero, e privo di sovrastrutture. Quando esce di prigione incontra il personaggio di Dussolier, che gli chiederà di seguire sua moglie, perchè la reputa infedele, da li si verranno ad incastrare diverse situazioni, ma mi fermo qui nel racconto. E' veramente un film sui rapporti, questo titolo "Terminus des anges" capolinea degli angeli, è ambientato a Venezia, come se le persone che vivono aVenezia comunque avessero un motivo preciso per esser là, perchè è una citta che muore e quindi sono tutte persone sospese, e assolutamente non risolte, ciascuno di loro ha il proprio conflitto, la propria assenza di qualcosa che gli impedisce di essere aderenti alla realta, e per dire il solo incontro tra il mio personaggio e quello di Dussolier, lui un intellettuale, io un ragazzo di strada che non sa assolutamente cosa fare della sua vita una volta tornato nella società, e che si lascia un po' condizionaare dagli eventi. Sarà un lavoro incredibile, perchè io come ragazzo di strada devo dover parlare in alcune situazioni in veneziano, e parlare un francese per la maggior parte del film con Dussolier, che è un francese molto sporco , parlato molto male, perchè è un ricordo di mio padre, poi c'è questo rapportto con il personaggio di Carol Bouquet una donna molto più grande, è bello vedere come questi mondi diversi si incontrano e creano linguaggi diversi e comuni, e non si capisce mai dov'è la chiarezza, la verità nei rapporti.

Pensi che il tuo lavoro possa condizionare la tua vita?

Ultimamente mi sono spesso chiesto,quanto il mio lavoro condizioni la mia vita,e non ti parlo neanche del mondo dello spettacolo, che io non frequento, non dico assolutamente ma quasi. Vorrei esprimere, in modo molto semplice, questa paura che ho, che riguarda la mia vita, e che prima non avevo, di come
i film, parlo da spettatore, mi abbiano un po' ingabbiato e condizionato la vita, nel senso non è il mio lavoro che è solo passione e puro lavoro, però l'idea che ho amato così tanto i film della mia vita, e quelli che continuo a vedere, che escono tuttora e che mi continuano a emozionare da separare l'idea che ho delal vita e l'idea che ho della vita attraverso i film, e questa cosa mi ha ingabbiato, mi ha spesso impedito di essere non dico razionale, ma pratico. Ma,parlo per me, c'è un disagio forte quando lo riconosco che un film non è semplicemente emozione o pianto perchè gli attori sono stati straordinari e ti hanno fatto piangere, ma è quando ci si agrappa a certe immagini, per dire, l'amore, con certe dinamiche che si strutturano, che ci fanno tanto sognare e poi non si realizzano, semplicemente perchè la realtà è molto più complicata, e molto spesso il film diventa un rifugio, piuttosto che un mezzo per affrontarla meglio, molto spesso mi sono nascosto nei film come spettatore per non essere protagonista nella vita.



Miriam Comito








1 commento:

  1. Talentuoso? Raccomandato direi.
    In questo paese fa strada solo chi ha agganci e denari. Complimenti.

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