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Cinema e Teatro

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mercoledì 21 aprile 2010

NODODOC4 DOCUMENTARY FILM FESTIVAL

DOCUMENTARY FILM FESTIVAL

5-10 maggio 2010 Trieste
ANSANO GIANNARELLI, IL CINEMA DI JEAN ROUCH E SAMBA FELIX NDIAYE, IL PREZIOSO FONDO U.S.I.S. (UNITED STATES INFORMATION SERVICE), LE “VISIONI D’ORIENTE”, L’ARCHITETTURA RACCONTATA ATTRAVERSO IL DOCUMENTARIO, LE ORIGINI DEL ROCKUMENTARY. E UN’EDIZIONE DEDICATA A CAROLE ROUSSOPOULOS, GRANDE REGISTA FRANCESE DA POCO SCOMPARSA. TUTTO QUESTO E’ LA 4° EDIZIONE DEL NODODOCFEST, FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DOCUMENTARIO, A TRIESTE. AL CINEMA ARISTON, DAL 5 AL 10 MAGGIO 2010. MA NON SOLO QUESTO.

Si terrà a Trieste dal 5 al 10 maggio nella consueta cornice del Cinema Ariston la quarta edizione del Festival Internazionale del Film Documentario NodoDocFest, appuntamento con le migliori produzioni di cinema documentario del panorama italiano e internazionale.
Questa edizione del NodoDocFest è dedicata a Carole Roussopoulos (1945-2009), grande cineasta francese, scomparsa pochi mesi or sono, a cui il Festival ha dedicato un’ampia retrospettiva nel 2009 per poter imparare dal suo lavoro, intenso e gioioso, dalla sua umiltà e consapevolezza, dalla sua curiosità e indipendenza. Il video artigianale di Carole ci ha mostrato con costanza la possibilità di mettersi al servizio delle persone e di dar loro valore senza mistificazione, di credere nelle generazioni presenti e future, di chiamarle ad agire e a reagire. Il cinema di Carole Roussopoulos non racconta in prima persona ma raccoglie parole e le trasmette: le miriadi di parole e volti e gesti che ha raccolto nel corso della sua attività infaticabile sono ancor più che una testimonianza, sono pietre che passano di mano in mano. Per questo motivo il NodoDocFest 2010 è stato a lei dedicato.

VINCERE LA MORTE: ricordando Carole Roussopoulos è il titolo di questo tributo curato da Dario Marchiori. In suo omaggio verranno quindi proiettati due “piccoli film”, come lei amava definire le sue opere, che parlano diversamente e senza timore della morte, due risposte che parlano entrambe di futuro: Des fleurs pour Simone de Beauvoir e Ainsi va la vie, un film sulla memoria ed uno sulla convivenza quotidiana con la malattia.

Questa edizione molto speciale, non poteva che aprirsi in maniera altrettanto speciale con la proiezione di Afriques. Comment ça va avec la douleur? di Raymond Depardon. Diario di un cineasta viaggiatore che attraversa l’Africa da sud a nord e si confronta con la violenza e il dolore quotidiani: “come va col dolore?”, come dicono i nomadi del Tibesti (Ciad) con quella familiarità con la sofferenza e con la tipica e scaramantica diffidenza nei confronti di ogni ottimismo, proprio come nel mondo contadino da cui proviene Depardon. Girato tra il luglio del 1993 e il luglio del 1996, Afriques è un lunga serie di viaggi in solitaria, un interrogarsi continuo sull’etica del documentario nel quale la bellezza dell’immagine e la durezza della violenza quotidiana cozzano continuamente tra loro. Sudafrica, Angola, Tanzania, Ruanda, Somalia, Etiopia, Sudan, Ciad, Niger, Egitto i paesi attraversati dal cineasta francese. Un viaggio attraverso il continente africano che è quello che il NodoDocFest, accanto agli altri temi, quest’anno vuole proporre.

Come di consueto il Festival apre due finestre sull’opera di grandi cinesti con due retrospettive, una italiana ed una internazionale. L’omaggio italiano di quest’anno va ad Ansano Giannarelli, un’esploratore per eccellenza, primo in Italia ad utilizzare attrezzature leggere per portare il cinema documentario dove fino ad allora non era mai stato: dal deserto all’oceano. Con i suoi film Giannarelli ha attraversato paesi lontani, ha documentato le metamorfosi del lavoro e dell’industria, ha analizzato molteplici vicende storiche italiane del ‘900 e fatto luce su problemi politici internazionali. È un esploratore perché sempre nel suo lavoro ha ripensato la forma del documentario ibridandola con la finzione e la messa in scena, forzando i limiti espressivi tradizionali per poter cogliere a modo proprio il reale e le sue metamorfosi, la finzione e il suo specchio. È un esploratore perché il suo porsi esplicitamente come cineasta militante mai ha significato piegarsi a dettami di partito, imposizioni ideologiche, barriere mentali. Il suo cinema documentario riporta al centro l’uomo e la sua storia, e ci fa pensare ad un passato prossimo in cui il cinema è stato un importante strumento pedagogico e umanistico, oltre che un lavoro e un’arte
Esplorare i confini. La nonfiction di Ansano Giannarelli: la retrospettiva articolerà attraverso alcuni film i diversi volti dell’opera di Ansano Giannarelli: l’Africa e la crisi del colonialismo, il mondo del lavoro e della fabbrica, la storia italiana del ‘900, la politica internazionale negli anni ’60 e ’70.
Un incontro con l’autore, aperto al pubblico, presso l’ Aula G, della Facoltà di Lettere e Filosofia, Discipline dello Spettacolo dell’Università degli Studi di Trieste in Androna Campo Marzio coronerà l’omaggio del NodoDocFest ad Ansano Giannarelli, che parlerà agli studenti del corso di Cinematografia documentaria della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trieste il 7 maggio, insieme al prof. Gianluca Guerra e Federico Rossin, curatore della retrospettiva.

L’omaggio internazionale va invece a Jean Rouch (1917-2004), uno dei più vivaci interpreti del documentario etnografico in un continuo dialogo tra Europa e continente africano, lavorando ai confini tra finzione e documentario, utilizzando precocemente tecniche rivoluzionarie quali la macchina da presa 16mm a spalla o il suono in presa diretta ed esplorandone le conseguenze sulle condizioni di ripresa sulla forma stessa del film.
Dalla metà degli anni Quaranta all’inizio degli anni 2000 Rouch ha messo insieme una produzione enorme che supera i 150 film (molti dei quali tuttavia incompiuti), ed è stato sicuramente uno dei pilastri del cinema “moderno” permettendo di reinventare il cinema di finzione, dando origine alla Nouvelle Vague francese.
Ma al NodoDocFest interessa riscoprire la dimensione “documentaria” della sua opera, ovvero la produzione etnografica, di intento scientifico (tutti questi film sono stati finanziati dal CNRS, il Centre National de la Recherche Scientifique), che compone la massima parte della sua produzione.
Lo sguardo rovesciato: Jean Rouch e l'Africa: la retrospettiva quindi si interesserà soprattutto al Rouch “africano”, ovvero alla scoperta appassionante, al contempo meravigliata e razionale, di una realtà differente e capace di sconvolgere le nostre fondamenta più consolidate. La selezione di film, a cura di Dario Marchiori e Andrea Paganini (specialista di Jean Rouch), permetterà di introdurre lo spettatore all’opera multiforme e variegata di Rouch, vista secondo il prisma dello sguardo documentario.
La storia che tutto il cinema di Jean Rouch ci racconta, quella di un francese che si innamora dell’Africa (soprattutto il Niger) e scopre di trovarcisi davvero “a casa”, è per noi la parabola felice dell’avvento di un’epoca di migrazioni culturali, la speranza da opporre alle vite spezzate dalla migrazione economica. Un percorso diverso ed inedito, che permetta a noi e ai nostri spettatori di scuotere ed allargare i modi di pensare il cinema e il mondo.

La dimensione africana in cui si cala il NodoDocFest ci porta a voler presentare al pubblico anche il cinema di un grande regista senegalese scomparso anch’egli di recente Samba Félix Ndiaye (1945-2009). Appassionatosi alla settima arte, Ndiaye studiò il cinema a Parigi, dove studiò anche etnopsichiatria; vi restò per trent’anni ritornando più volte in Senegal, in particolare per girare i suoi documentari, spesso dedicati a persone comuni e a mestieri poco noti o marginali. L’investigazione del rapporto tra tradizione e modernità, la contaminazione di finzione e documentario e il lavoro con una troupe ridotta intessono legami con l’opera di Rouch, quantunque il percorso di Ndiaye segua poi modalità personali ed uniche. Samba Félix Ndiaye è stato uno dei primissimi documentaristi africani. I suoi film sono spesso dedicati a persone comuni, a mestieri poco noti o marginali, a questioni sommerse o scomode. L’interesse lucido e affettuoso per la propria terra, la ricchezza delle sue esperienze e l’ampiezza di strumenti intellettuali rendono il cinema di Ndiaye un crogiolo culturale afro-europeo di rara portata ermeneutica, capace di conciliare cura formale ed impegno etico. Il cinema di Ndiaye è un cinema che filma la trasformazione: dei corpi, dei rapporti fra storia e natura, della materia stessa dell’immagine e del suono.
SAMBA FÉLIX NDIAYE: la Resistenza dei margini: l’omaggio, a cura di Dario Marchiori, presenterà un’immagine rappresentativa della produzione documentaria di Ndiaye: lo sguardo di questo cineasta “in esilio” sull’Africa non è uno sguardo puramente identitario, bensì nutrito da un’esperienza di apertura al mondo.

E’ invece una grande finestra sul passato quella che si aprirà quest’anno al NodoDocFest: uno sguardo sulla storia di Trieste attraverso la preziosa proiezione di alcune delle pellicole del FONDO U.S.I.S. di Trieste: 506 pellicole realizzate appunto dall’ U.s.i.s. (United States Information Service) a sostegno dello European Recovery Program (ERP), più noto come Piano Marshall; documentari realizzati per lo più tra il 1948 e il 1953, con scopi di propaganda, didattici o informativi. Il materiale selezionato è parte della storia della Città di Trieste e rappresenta nella sua unicità un repertorio raro e fondamentale della Storia del Cinema. Al recupero del Fondo e alla sua analisi partecipò anche Ansano Giannarelli: «I condizionamenti che hanno pesato sulla costituzione del fondo, proprio per essere stato creato da una struttura allocata in una zona di confine particolare come fu in quell’epoca il Territorio libero di Trieste, così come i limiti informativi che caratterizzano molti dei film del fondo, non impediscono di estrarre elementi valutati di grande interesse, soprattutto per la produzione di origine USA, poco conosciuta e poco considerata dagli studiosi nella sua componente “documentaria”, per il peso anche internazionale della produzione fiction. Quanto alla composizione tematica del fondo, mi interessa ricordarne il carattere di esempio significativo di come la complessiva operazione Piano Marshall, riguardante tutta l’Europa occidentale, fu accompagnata da un’intensa, articolata e complessa azione di “informazione/propaganda” – oggi si direbbe “d’immagine” – che era uno dei compiti di organismi come l’USIS, con la finalità di determinare nell’opinione pubblica, in questo caso italiana, evidenti orientamenti di accettazione e appoggio del piano Marshall, con tutti i suoi significati e le implicazioni politici e culturali (oltre che economici).»

Ulteriore novità per l’edizione 2010 è l’attenzione per le trasformazioni economiche e sociali che la globalizzazione ha causato nei paesi asiatici in via di sviluppo. NodoDocFest si spingerà quindi verso oriente con la “neonata” sezione del Festival Visioni d’Oriente a cura di Roberto Micheli. Essendo il documentario uno strumento eccezionale per registrare accadimenti e testimonianze pubbliche e private, oltre che un mezzo di grandi potenzialità comunicative attraverso il quale è possibile trasmettere informazioni, stati d’animo ed emozioni, viene molto utilizzato da registi, intellettuali e attivisti dell’Asia meridionale o di altri paesi interessati a questa regione, per documentare le numerose situazioni di conflitto esistenti, farne conoscere gli attori principali e denunciarne le ingiustizie sociali. VISIONI D’ORIENTE: globalizzazione e crisi sociali in Asia meridionale presenterà documentari che costituiscono una buona occasione per il pubblico del NodoDocFest di avvicinarsi a due grandi questioni sociali indotte dalla globalizzazione economica che riguardano da vicino l’Occidente e che si ripercuotono su milioni di persone dell’Asia meridionale costrette a vivere con pochi euro al mese, senza alcuna prospettiva di avanzamento sociale o economico, vale a dire l’espropriazione della terra per creare le cosiddette zone economiche speciali (SEZ) e lo sfruttamento delle donne nell’industria tessile delocalizzata.

Un altro tipo di indagine riguarda invece più da vicino le nostre città, i nostri spazi urbani e come con essi interagiamo, l’architettura e come essa viene vissuta: ArchINdoc, sezione del Festival dedicata alla relazione tra il documentario e l’architettura a cura di Faltwerksalon 20x30 Salone Gemma, propone per la 4° edizione del NodoDocFest una lettura sulla condizione urbana attuale e sulle relazioni umane che s’intrecciano nello spazio abitato della città contemporanea. Socializzazione, dialogo, ma anche convivenza e relazioni, i temi che quest’anno saranno affrontati, presentando l’opera di alcuni giovani e già affermati autori.
ArchINdoc : SPAZIO CONDIVISO E LIMITE COME IMPULSO: si parlerà di edifici mondo, di periferie, di luoghi dove la convivenza tra diverse etnie, la difficoltà di comunicazione, l’isolamento costituiscono un aspetto problematico, ma si porterà anche l’esempio di altre realtà, quali il cohousing ed i condomini solidali, dove il vincolo della convivenza viene rovesciato da una ipotetica condizione di svantaggio alla valenza di stimolo. Tale operazione teorica fu molto cara a Perec e a tutta l’ Officina di Letteratura Potenziale (OuLiPo), i cui membri, tra cui Italo Calvino e Marcel Duchamp, condividevano il principio di considerare il vincolo non come ostacolo che blocca l’immaginazione, bensì come strumento di stimolo e impulso creativo. Quindi, nel caso della città, la condivisione di spazi e servizi comuni in edifici e luoghi particolari assume il carattere di stimolo ed occasione per favorire il dialogo ed uscire dall’isolamento, dal sospetto e quindi spesso anche dalla violenza.
L’analisi di tali luoghi, in varie forme di espressione cinematografica, dove i vincoli dettati dalle condizioni normative, spaziali e sociali spesso diventano anche per l’architettura fonte di ispirazione ed occasione per lo sviluppo di nuove forme di socialità, costituisce quindi in sintesi l’oggetto della sezione per questa edizione del NodoDocFest. Ma la sezione non si esaurisce solo al cinema perché i curatori Claudio Farina e Christina Kruml hanno pensato ad un evento collaterale sabato 8 maggio presso il Salone Gemma dal titolo Intorno a Bligny 42 con le opere di Francesca Cogni e Donatello De Mattia.

Una miscellanea di argomenti caratterizza invece la sezione a concorso PANORAMA, nuove tendenze del documentario, la quale presenta le più recenti produzioni di cinema documentario da tutto il mondo. L’edizione 2010 vede una predominanza delle pellicole italiane su temi quali immigrazione, mancanza di abitazioni popolari, degrado urbano, regioni dimenticate, “design della decrescita” ma anche una toccante testimonianza dell’ordinaria situazione di scontri e feriti che affligge la Striscia di Gaza. La sezione porta quindi alla luce le opere più rappresentative e coraggiose, che hanno avuto la capacità di affrontare in maniera non convenzionale il racconto della realtà. Tra queste vi è la proiezione speciale fuori concorso di Burma Vj- Reporting from a closed country, film di Anders Østergaard, sugli scontri che hanno sconvolto il paese birmano nel 2007, le cui immagini girate attraverso telecamere e cellulari dai videoreporter in situazioni di alto rischio personale hanno fatto il giro del mondo testimoniando la rivolta dei monaci buddisti e la repressione militare della protesta.

E come vuole la tradizione sarà la sezione ROCK&DOC a chiudere come ogni anno le giornate di proiezione del Festival e saranno seconde serate speciali. Al NodoDocFest, quest’anno, la sezione Rock&Doc offre l’opportunità di condividere quattro classici del Cinema Rock in pellicola, offrendo un’esperienza esaltante, che per quanto nostalgica e malinconica, è eternamente stimolante. Hendrix come i Pink Floyd o i Led Zeppelin non hanno mai smesso di influenzare il rock contemporaneo così come la nostra sensibilità musicale. Il sound dei Seventies ha lasciato indiscutibilmente un marchio indistruttibile e l’estetica psichedelica della Summer of Love non è mai svanita del tutto, semmai è in continua trasformazione. Che sia moda o controcultura continua a esistere con i suoi colori, la sua sensualità e la sua forza avvolgente.
ROCK&DOC – Le origini: la nascita del neologismo rockumentary, coniato da Rob Reiner nell’introduzione del suo capolavoro This Is Spinal Tap, segue di almeno 15 anni la vera nascita del genere in questione. Il live concert, come forma di rockumentary, ha in più la forza del cinema veritè ed i quattro pilastri proposti dalla sezione Rock&Doc 2010 sono tra i più solidi momenti di storia del cinema rock in mai impressa pellicola. Monterey Pop, riprende un evento rivoluzionario che influirà radicalmente sull’immaginario del rock’n’roll oltre ad essere l’indiscusso antesignano di Woodstock. In esso come nel suo magnifico “successore” le star non furono solo i performer (iconograficamente ineccepibili) ma anche l’audience, autentica e sincera testimonianza di un’era in cui l’idea di libertà era anche uno stile di vita. Musica e star system sono invece i protagonisti degli altri due lavori proposti. Pink Floyd: Live at Pompeii presenta la storica band di Roger Waters come fulcro di un’esperienza senza tempo, tra l’immanenza delle rovine di Pompei e la trascendenza del suono dei Pink Floyd. Mentre The Song Remains the Same, tra frammenti di drammaturgia naif e visionaria, e lo storico concerto dei Led Zeppelin al Madison Square Garden di New York, è un significativo esempio di mitizzazione cristologica del rock’n’roll, in cui, a partire dal suono (nudo e crudo come tutto il rock anni 70) si pongono i Led Zeppelin sull’altare del rock’n’roll a professare un verbo che ancora oggi continua a fare proseliti.

info@nododocfetival.org
www.nododocfest.org





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