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giovedì 12 novembre 2009

Teatro dei Contrari: DISCARDED-RIFIUTI da 17 al 22 a Rima



DOPO IL SUCCESSO DELLA SCORSA STAGIONE
NUOVAMENTE A ROMA AL TEATRO DEI CONTRARI
la NuovaMimesis-TeatriInMovimento
in collaborazione con la
Compagnia di Prosa MettiUnaSeraaCena
presenta
DISCARDED
RIFIUTI
di Tony Padilla
traduzione italiana di Leonardo Franchini
adattamento e regia di Emanuela Dessy
con
Riccardo Franzolini - Fabio Moneta - Andrea Scoscina - Rosanna Sonnino
per info e prenotazioni
nuovamimesis@yahoo.it - 331.2981279

dal 17 al 22 Novembre 2009

Teatro dei Contrari, Via Ostilia 22 - Roma


"Siamo tutti benpensanti, siamo tutti invasi dai nostri buoni sentimenti, siamo tutte persone per bene; siamo tutti pronti ad inorridire rispetto all'ingiustizia, all'indifferenza, all'egoismo. Ebbene, ecco un testo che ci smaschera: "Discarded-Rifiuti" è una breve opera teatrale in due atti che mette in discussione tutte le nostre certezze di buoni cittadini.

Tony Padilla, autore di origine cubana, tocca le nostre coscienze e mostra come di fronte ad un qualunque imprevisto che urta la nostra quotidianità andiamo immediatamente in crisi: ognuno di noi, imbattendosi in un problema che lo costringe a cambiare un programma, un'abitudine, un suo piccolo obbiettivo, si innervosisce, sfugge, si ribella, fino a perdere magari il senso delle cose, l'ordine di importanza dei valori, fino al punto da dimenticare l'etica della vita.

Il testo è una splendida scoperta che dobbiamo a Leonardo Franchini, traduttore dell'opera, che come sempre rende in maniera impeccabile un altro testo inedito nel nostro paese.
Dopo la lettura, resta davvero la voglia di vedere quest'opera realizzata in teatro". Elena Siri – teatro.org

Nota di regia

La storia di "Discarded – Rifiuti", ambientata originariamente a Central Park, New York, come suggeritoci dall'autore per il quale potrebbe essere immaginata in qualsiasi parco pubblico di qualsiasi grande metropoli, si sposta nel nostro adattamento, a Villa Borghese, a Roma. E' una storia di oggi, scarna, cruda, a volte cinica, in bilico tra tragedia e commedia, come lo è sempre la vita.

Una coppia sposata prima, due vecchi amici poi, per qualche giorno in trasferta vacanziera dalla provincia nella capitale, la stessa sera d'estate, mentre in tempi diversi trascorrono un pigro momento di relax tra un aperitivo e uno spettacolo a Caracalla sulla terrazza del Pincio, si trovano loro malgrado coinvolti in un "fuoriprogramma" di enorme portata emozionale: un neonato abbandonato in un cassonetto.

Come reagiscono? Una serie di ragionamenti, reazioni, discorsi, scavano nel cuore e nella coscienza dello spettatore, ponendogli una serie di domande davanti alle quali non può che fare i conti con se stesso.

Un testo tanto semplice quanto difficile, ironico quanto terribile. Decisamente molto bello.

Personalmente, io non posso fare altro che ringraziare l'amico e traduttore, Leonardo Franchini, che dopo avermi già "regalato" due splendide pièce, "El Fangote" di N.Sabatini e "Patriot Act" di C. Duncombe, in Italia in Prima Assoluta, mi ha consigliato questa nuova sfida umana e teatrale.

Emanuela Dessy

La recensione di Alessandro Paesano

Roma, Teatro dei Contrari

(recensione Giugno 09)

Un bambino abbandonato in un cassonetto della spazzatura.
Viene trovato, prima da una coppia sposata in vacanza, poi da una coppia di amici, anche loro in viaggio per diporto.
La presenza dell'infante colpisce, scuote le coscienze, poi, dallo stupore e dal ludibrio (quale animale farebbe questo ai propri cuccioli?) si passa ben presto a una reazione più personale. Ogni componente delle due coppie reagisce in maniera diversa, il marito della prima coppia e il professore della seconda sono più cinici, più realisti, cercano di non farsi coinvolgere dal ritrovamento; la moglie e lo scapolo più giovane si lasciano invece tentare dall'idea di prendersi cura del bambino in prima persona. L'infante li costringe a confrontarsi e a specchiarsi nella diversità dell'altro e a non riconoscersi più: la moglie nota la propria acquiescenza, lo scarto tra il carattere forte e indipendente di una volta e il quieto vivere del presente. Il giovane scapolo fa, forse per la prima volta, davvero i conti con una solitudine che lo attanaglia sin dai tempi d'infanzia, solitudine che ha sempre vissuto come una colpa, tanto da nasconderla all'amico.
Un teso apparentemente semplice nato dal genio icastico di Tony Padilla, scrittore statunitense di origini cubane, che, senza nemmeno aver bisogno di mettere il neonato in scena (rimane sempre dentro il cassonetto, dormiente, non ne sentiamo nemmeno i vagiti) se ne serve abilmente per tastare il polso all'essere umano occidentale, cioè a noi.
A Padilla non interessa però mettere alla prova il senso civico dei suoi personaggi. Si trattasse solo di questo la pièce si concluderebbe subito dopo essere iniziata. Padilla si serve della presenza fantasmatica del neonato per indagare due diverse forme di famiglia, quella classica borghese che ha fatto dei figli di suo e quella davvero anticonvenzionale di due amici scapoli (ed etero) che avendo rinunciato a sposarsi convivono per fronteggiare le spese. Amore e amicizia, pure, sempre due famiglie.
E se il marito è quello meno disposto a cambiare la propria vita di routine (che per lui è la massima spirazione finalmente raggiunta) anche il professore, che sublima la propria vocazione paterna nel suo ruolo di insegnante (sono tuoi solo per qualche anno poi devi lasciarli andare via) non vuole farsi coinvolgere emotivamente dal ritrovamento. Le loro controparti, una madre e un giovane che scopre di aver sacrificato troppo presto la propria vocazione paterna, non esitano invece a reagire con un'assunzione di responsabilità irrazionale ma viva lasciandosi tentare dall'idea di farsi carico direttamente del bambino.
Poi mentre la coppia sposata si allontana dal parco (e dal cassonetto) distratta dal rispender le fila di una relazione amorosa che solo per un attimo ha vacillato e sembrato cedere, i due scapoli, non avendo amori da difendere, possono alla fine prendersi davvero carico della situazione e avvertire almeno una guardia.
Discarded è ambientato originariamente al Central Park di New York, ma, per stessa ammissione del suo autore, potrebbe svolgersi nel parco pubblico di qualsiasi grande metropoli. Emanuela Dessy lo prende in parola e trasporta la scena nella romana Villa Borghese e nella terrazza del Pincio. Certo, Roma non è New York e infatti come ci ha confessato la regista, qualche dubbio sulla trasposizione romana era stata sollevata dagli attori che si sono ben presto ricreduti.
L'adattamento di Emanuela Dessy è strategico ed efficace, la coppia sposata diventa una coppia di
provincia, berlusconiana (almeno lui) (ma finanziano i partiti di entrambi gli schieramenti) e cattolica (ma non per questo hanno rinunciato a usufruire dell'aborto) mentre i due scapoli (coppia assai più consueta nella grande mela che qui da noi) diventa una coppia di amici borghesi e intellettuali, ottimi compagni di viaggio. Il lavoro di Dessy non si è limitato all'adattamento. Dall'impiego di una scena minimale (una panchina e il cassonetto) con un indovinatissima inversione di prospettiva (nella prima parte, che vede in scena la coppia sposata, la panchina è di fronte al pubblico e il cassonetto in fondo a destra, nella seconda, quella dei due amici, la panchina è di spalle e il cassonetto avanti a sinistra), alla direzione degli attori (riuscendo a convogliare una certa loro ruvidezza nella concreta costruzione del personaggio) La Dessy si muove nel testo e col testo con una una leggerezza di tocco che caratterizza tutti i suoi lavori. Non ultima una cura mai

banale per le musiche che, specialmente in questo caso, costituiscono più che una quinta sonora una vera e propria controscena: dalle musiche tribali suonate dagli astanti della piazza (con tanto di applausi) a tutta una serie di rumori e suoni (l'elicottero, le sirene della polizia) fino ai suoni bucolici del parco. Una cura fatta con coerenza che individua una canzone, che fa da leit-motif, per ognuna delle due parti (Blasco nella prima e Gianna Nannini nella seconda) fino al finalissimo dove Elio e le storie tese canta proprio di bambini abbandonati nei cassonetti (cassonetto differenziato per il frutto del peccato).
Insomma Emanuela Dessy non si è limitata a portare in scena un testo magnifico ma ne ha fatto una sua creatura, da vedere e apprezzare anche per questo.

Lo spettacolo è nuovamente in scena dal 17 al 22 Novembre.
Non perderete mica l'occasione?

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