Pietro De Silva è un bravo attore regista e autore napoletano di nascita ma romano di adozione Il Corriere del web lo ha incontrato.
Ciao Pietro tu curi una rassegna di cortometraggi al Lian Club. Perché ti è venuta questa idea, come scegli i corti e qual è il fine.
Io mi sono avvicinato casualmente al mondo dei cortometraggi, attraverso il Centro Sperimentale di Cinematografia, ho iniziato a fare una serie di corti come attore, e ho iniziato ad appassionarmi al genere. Mi è venuta l'idea di creare questo festival, perchè purtroppo il cortometraggio non avendo mercato, ha vita breve ed è un peccato che questi piccoli film vengano utilizzati solamente nei festival, ho pensato di fare un festival a lunga tenitura, con cadenza bisettimanale, che vada da ottobre fino a maggio in cui si possano vedere più cortometraggi possibili. C'è da dire che il meccanismo che dal fare la regia di un corto fa passare al lungometraggio non è automatico, purtroppo, ho visto dei registi che fanno dei corti stupendi, ma che non riescono ad approdare ai lungo metraggi per la mancanza di lungimiranza produttiva, nel senso che i produttori non hanno il coraggio di andare a cercare i talenti in questo mondo sommerso. I corti non sono un investimento né per gli interpreti né per il regista ma sono comunque un banco di prova importante. Io ho voluto fare questo festival per creare un raduno di addetti ai lavori, dando la possibilità agli attori e ai registi di tastare le reazioni che le loro opere suscitano sul pubblico. I cortometraggi in Tv hanno poca visibilità: vengono, si, trasmessi ad esempio su Coming soon e su La 7, nella trasmissione "La venticinquesima ora" ma in orari tardi.
Hai fatto dei corti come regista?
Si uno che si intitola "I pecorari" due poveri disgraziati che vivono in montagna, in una loro bolla di incoscienza e di ignoranza e parlano dei grandi temi universali, fanno una grande tenerezza ma fanno anche ridere è molto comico, gli interpreti siamo io e Alberto Patelli.
Dal 17 novembre al 13 dicembre andrà in scena al Teatro7 Paspartù una jam session teatrale giunta alla seconda edizione. Tu lo scorso anno hai partecipato leggendo una lettera di un partigiano che fu detenuto nel carcere di via Tasso. Quest'anno invece parteciperai come autore con un monologo sulla vita di Frida Kahlo, cosa ci puoi dire di questo spettacolo?
Intanto devo ringraziare il mio amico Massimiliano Bruno che insieme a Sergio Zecca hanno realizzato questa operazione che ha anche uno scopo benefico per aiutare i bambini del Mozambico. (L'incasso delle serate verrà devoluto alla Missione Teatro7 per il Mozambico). La cosa che mi colpi quando andai a fare la lettura l'anno scorso fu la grandissima affluenza di pubblico. Loro con un nulla di pubblicità riescono a fare assemblare attori di livello notevole,e ad avere sempre il teatro pieno. E questo è importante perché in una città come Roma anche eventi a carattere gratuito, per l'immensa mole di proposte fanno fatica, mentre loro sono riusciti a fare un'operazione intelligente, nuova e di valore decisamente alto rispetto alla media. Quest'anno mi è venuta l'intuizione di scrivere un monologo per Frida Kahlo, e conosco un'attrice molto brava Cristina Odasso che le assomiglia in maniera straordinaria, lei leggerà il mio scritto. Io personalmente,invece, leggerò un testo di Massimiliano Bruno, molto toccante in napoletano su un ragazzo che vive a Scampia. E' un dei testi che fece Paola Cortellesi nella trasmissione "Non perdiamoci di vista."
Tu hai partecipato alla fiction che andrà in onda il 12 novembre su Sky fox crime sul mostro di Firenze e interpreti l'avvocato di Pacciani. E' una vicenda un po' particolare in parte ancora avvolta nella nebbia. Come ti sei trovato e cosa pensi di questa fiction.
E' un argomento ancora molto tabù: quando girammo a Firenze noi andavamo per strada ed era palpabile una certa ritrosia tra i fiorentini, è come se fosse una macchia per la loro città, hanno pudore nel parlarne, ma allo stesso tempo curiosità nel sapere cosa c'era dietro a questa vicenda che non è ancora giunta ad una spiegazione logica, nonostante siano morti quasi tutte le persone coinvolte, quindi probabilmente c'erano personaggi intoccabili ad altissimi livelli. Io interpreto l'avvocato di Pacciani. La cosa affascinante, per dare il merito a fox sky di questo è che il livello qualitativo sia di sceneggiatura, sia attoriale è molto alto. Questo per dire che in Italia quando si vuole si fanno scelte qualitative. Non si è cercato di ammorbidire i toni come spesso si fa nelle fiction, in una storia come quella del mostro di Firenze bisognava essere reali, per dare un 'immagine completa. Il regista Antonello Grimaldi disse in conferenza stampa "abbiamo avuto una libertà nella sceneggiatura nella scelta degli attori, e delle location inimmaginabile in altri contesti."
A gennaio andrà in scena al teatro Ghione "I due ladroni" di cui tu sei autore. Di cosa parla quest'opera?
I due ladroni è un testo che si chiamava "L'alba del terzo millennio" che scrissi nel 1990, ed è la storia di due persone, un vinaio e un maestro elementare il primo estremamente religioso il secondo ateo convinto che durante una sacra rappresentazione interpretano i due ladroni, le persone che interpretano S.Giuseppe ,
Hai girato il film di Alessandro Piva "Henry" con Carolina Crescentini e Claudio Gioè, sul mondo della droga, quando uscirà? Tu che ruolo interpreti?
"Henry" uscirà presumibilmente a febbraio, il film è sulla spartizione del territorio da parte di bande rivali per la supremazia dello spaccio di cocaina ed eroina, un sottomondo feroce e spietato, ma è un film anche ironico. Io interpreto un fotografo squinternato sempre a rota, molto ambiguo, si schiera a seconda delle convenienze, è la classica caratterizzazione del tossico, ma senza farne una macchietta. E' una cosa di cui ho molta aspettativa per il prossimo anno, speriamo che vada in festival importanti.
E'noto che il cinema italiano ha dei problemi di distribuzione, credi che le cose in questo senso possano migliorare? E in che modo?
Tecnicamente ora c'è una nuova legge che dà un po'di respiro alla cinematografia, sembra che deleghino alle regioni determinati progetti. Il che potrebbe aiutare a cambiare un po' la situazione.
In Italia manca lo spirito di gruppo, il coraggio produttivo,manca l'intuizione nel capire dove sta la fortuna, e come se si dessero la zappa sui piedi, si continua a sfornare opere costosissime che nascono e muoiono, mentre opere ben fatte devono vivere del passaparola, il pubblico andrebbe informato meglio.
Miriam Comito
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