Assemblea generale del cinema italiano al Teatro Eliseo di Roma - 25 Ottobre 2010
(Resoconto di Claudia Donzelli)
Dopo l'occupazione della Casa del Cinema iniziata venerdì 22, e divenuta presidio stabile grazie all'Associazione "Centoautori", si è tenuta oggi, 25 ottobre, al Teatro Eliseo di Roma un'assemblea dedicata a tutte le associazioni di categoria, "per ascoltare tutte le voci, a partire da quelle delle maestranze, e decidere anche le azioni di protesta da portare avanti al Festival di Roma", ha dichiarato all'Ansa lo sceneggiatore Andrea Purgatori. Sono intervenuti sul palco: Stefano Rulli di Centoautori, Riccardo Tozzi dell'Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive-Multimediali), Emidio Greco dell'Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici), Giulio Scarpati del Sai (Sindacato Attori Italiano), Enrico Di Mambro dell'Agis (Associazione generale italiana spettacolo), Daniele Cesarano della Sact (Scrittori associati di cinema e televisione), Elio Germano e Cinzia Mascoli di Artisti 7607, Silvano Conti della SLCGCIL, Roberto Perpignani della Fidac (Federazione italiana delle associazioni cineaudiovisive), Michele Consorti dell'Art (Associazione registi della fiction televisiva), Carlo degli Esposti dell'Apt (Associazione produttori televisivi); erano presenti per aderire alla protesta anche i rappresentanti sindacali delle troupes con Corrado Volpicelli, i ragazzi della Zero3, adattatori, doppiatori, gionalisti cinematografici, Carucci per la lirica, le industrie tecniche dell'Anica, i ragazzi del Centro Sperimentale di Cinematografia, il sindacato scrittori, i doc/it, gli articolo 21 (per la libertà di espressione), il sindacato di scenografi e costumisti, l'associazione dei direttori della fotografia, dei tecnici del suono, di montatori, tecnici televisivi, l'Anart (Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi e Teatrali), la L.A.R.A. (l'associazione degli agenti degli artisti), l'Afic (Associazione dei festival cinematografici), la Federazione Italiana dei Circoli del Cinema, quelli del Montaggio TV. Molti i volti noti, tra cui Alessandro Haber, Sabrina Impacciatore, attori di fiction e tv. Si è optato per l'Eliseo, grazie alla collaborazione del direttore Massimo Monaci, per avere più spazio, poiché alla Casa del Cinema è in corso il festival del cinema ebraico e israeliano; il presidio alla Casa del Cinema proseguirà comunque i lavori ogni giorno grazie alla disponibilità di comitati sorti per organizzare la protesta.
Michele Consorti dell'Art ha spiegato che il ministro non si è mai presentato alle audizioni per discutere i problemi esistenti; mentre all'estero si stanno aumentando o adeguando i fondi per il cinema, in Italia avvengono soltanto drastici tagli, che non sono "produttivi", ha aggiunto Emidio Greco dell'Anac, ma "improduttivi" perché causano povertà togliendo lavoro a migliaia di famiglie. Cinzia Mascoli ha presentato l'Associazione Artisti 7607, che si rifà alla data dello Statuto europeo degli artisti, e che è nata con la caduta dell'Imaie che rappresentava circa 70.000 artisti, a causa delle procedure dello stato; gli artisti stanno cercando di organizzarsi per sopravvivere ad una situazione aberrante che non vede tutelati il proprio lavoro, la propria professionalità, nonché diritti legittimi riconosciuti all'estero, dato che "...un artista dà costantemente il proprio contributo alla società, l'arte è una forma potente di cura", e "...la dignità della vita non è rappresentata dalla pubblicità, che è invece in crescita, così come gli psicofarmaci"; oggi "i casting sono truccati, si sa già a chi andranno i ruoli...". Enrico Di Mambro dell'Agis ha appena firmato con i sindacati un protocollo che denuncia la crisi; i problemi più gravi sono la riduzione del FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo, e i tagli del tax credit e del tax shelter; il fondo per il cinema è praticamente azzerato, il tax credit e tax shelter erano tra i pochi provvedimenti positivi degli ultimi anni, ma con tempi medio-lunghi per generare qualche effetto, poiché non c'è il tempo di reperire dei finanziatori esterni. Di Mambro sottolinea che in Francia, dove il digitale esiste da pochissimo tempo, il governo ha stanziato milioni di Euro per la digitalizzazione delle sale cinema permettendo loro di sopravvivere, facilitando la distribuzione e abbassandone i costi. Scarpati parla invece di "un attacco generale del governo alla cultura, che è manifesto nei tagli operati alla ricerca, alle università, alla scuola"; Bondi ha detto che non è stato informato, "e ciò dice molto sulla statura e competenza del personaggio". Il governo non fornisce interlocutori a cui rivolgersi. Gli attori soffrono per la delocalizzazione delle produzioni italiane: su un esempio di 100 attori, 10 lavorano in Argentina e Serbia perché sono protagonisti e si investe sui loro spostamenti, ma la massa resta a casa. Riccardo Tozzi dell'Anica precisa che la fiction è stata ancor più penalizzata dalla delocalizzazione e dai tagli ai fondi; il tax credit e tax shelter hanno salvato finora un po' il cinema. Hanno studiato il "moltiplicatore di investimento", ovvero cosa si è prodotto come ricavo da un investimento: loro sostegono 2, lo stato addirittura 3! significa che i redditi e le tasse per lo stato aumentano, perciò investire nella produzione conviene; anche nella distribuzione, però distribuire in digitale costa pochissimo e garantirebbe la rimessa in uso in Italia di molte sale anche in piccoli centri sprovvisti di intrattenimenti culturali, che sarebbeo così rivitalizzati. I settori di punta di un paese civile sono infatti la ricerca, la tecnologia, la cultura, la scuola; Tozzi sostiene che tutto ciò non dipende tanto da Bondi ma da Tremonti, dal ministro dell'economia, ovvero il fatto di portare avanti una capacità di progetto. A questo punto, dal palco, Tozzi si sofferma sulla bellezza del Teatro Eliseo, e in quel momento sentiamo un vagito in sala; Tozzi commenta: "anche questo è molto bello, sembra quasi un augurio". Prosegue: "stiamo rivendicando la possibilità di sviluppo per l'intero paese, non solo per il nostro settore". Daniele Cesarano, sceneggiatore, riflette sul miracolo di vedere sul palco associazioni che spesso sono state in conflitto, segno che la crisi è generale, e insiste sulla necessità di porre domande al governo: perché abolire il tax credit e tax shelter? La delocalizzazione penalizza anche gli sceneggiatori, infatti se quello che lui scrive per l'Italia viene girato in Argentina con attori quasi tutti stranieri e va male, anche il suo lavoro ci perde perché il prodotto non è credibile. Ha partecipato all'occupazione della Casa del Cinema, poiché è contrario alla "memoria di Giunta", ovvero alla decisione di appaltare la gestione della Casa del Cinema a degli affaristi, decisione che ha fatto da detonatore alla protesta: "...siamo moderati che vogliono solo porre un problema e avere risposte, la cultura dovrebbe essere il volàno di questa società", ovvero si dovrebbe approfittare della spinta trainante della cultura italiana, come è accaduto per secoli, per rialzare l'economia. Improvvisamente tra il pubblico prende la parola l'attore Emanuele Cerman, che contesta il fatto che i film spesso vengono realizzati ma poi non escono nelle sale, non vengono distribuiti, che i soldi per il cinema vengono rubati, che i festival sono corrotti, che spesso ai concorsi la giuria siede "come i maiali della Fattoria di Orwell" e non si preoccupa di analizzare il materiale inviato, che spesso a giudicare ci sono le mogli "che starebbero meglio in tv a fare le t....* a Markette!" L'atmosfera è incandescente e altri tra il pubblico, esasperati, propongono di fermarsi tutti dal lavoro per provocare un blocco totale della televisione. Interviene a moderare il documentarista Federico Schiavi della Doc/it, che sdrammatizza sui "Don Camillo e Pepponi" in sala. Si concentra poi sulla televisione italiana, della quale si nota "...una regressione culturale, operata progressivamente in modo programmatico"; il documentario, in particolare, basato su fatti reali, è il genere più esposto alla censura politica e ai boicottaggi. Per lui non esiste un problema di miopia economica da parte dello stato, infatti chi è al potere è diventato quello che è proprio grazie ai media e sa che con gli audiovisivi "si fanno i miliardi", ma "taglia scientificamente, annichilendo le coscienze, eliminando i punti di vista diversi dai loro". Il paese diventa una barzelletta all'estero perché non reagisce o lo fa in modo debole; c'è da domandarsi perché i movimenti e gli allarmi del passato si sono spenti? La vetrina internazionale andrebbe usata perché se ne parli, la stampa estera almeno non è sottoposta alla censura italiana. Perché la Francia riesce a paralizzare il paese con la protesta e noi non possiamo? "Gli attacchi operati a Rai 3, spesso con metodi fangosi, o da anni al giornalismo con una virulenza che ha tolto punti di vista diversi e forti, causa un sabotaggio permanente alla cultura, alle espressioni artistiche e giornalistiche". Laura Delli Colli, che è stata per anni presidente del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani, aggiunge che 600 giornalisti che avevano ancora un contratto regolare sono stati licenziati e che anche la loro categoria si avvia al precariato, occorre quindi cercare di "rompere il muro di silenzio che impedisce di raccontare cosa sta avvenendo in questo paese". Andrea Purgatori commenta che se il ministro avesse impiegato un centesimo del tempo che ha dedicato al Lodo Alfano per occuparsi della cultura non saremmo arrivati a questo punto. Propone di occupare il tappeto rosso del Festival del Film di Roma, che inizierà a breve, per attirare l'attenzione dei giornalisti che latitano; è infatti curioso notare in sala una sola telecamera per pochi istanti, mentre mancano le reti televisive che avrebbero dovuto documentare un evento di questa portata; tuttavia è ormai risaputo che se una cosa non è registrata, non è documentata, non esiste. Massimo Monaci interviene dicendosi felice di ospitare l'iniziativa, un segnale che siamo vivi. Fa però notare "l'assordante silenzio degli operatori teatrali": dove sono quelli che rappresentano il teatro di prosa e lo spettacolo dal vivo? perché non siamo riconosciuti come lavoratori dal punto di vista formale delle leggi quando, ad esempio, l'Eliseo ha fatto 250.000 presenze l'anno scorso? perché la politica controlla il 70% di teatri e enti pubblici attraverso lobbies e clientelismo. L'unica soluzione per lui è fermarsi e chiudere i teatri; il Festival di Avignone si fermò tempo fa per 2-3 settimane finché furono riconosciuti i loro diritti.
Uno studente del Centro Sperimentale di Cinematografia fa notare che in Italia gli studenti e i giovani in genere sono considerati un problema, indipendentemente dalla loro specificità, e sono ricattabili perché non sono tutelati a causa di contratti precari, revocabili senza conseguenze, per cui se alcuni si ribellano sono facilmente sostituibili data la disoccupazione imperante. In America la Writers Guild si fermò, ma potè farlo perché è un'associazione potente. Aggiungono gli "Zero3", nati a seguito dei tagli al Fus, che vi è una tendenza generale in Italia all'"armiamoci e partite": loro furono lasciati soli a manifestare a Venezia, rischiando conseguenze e manganellate da parte della polizia. A questo punto interviene Bruno Torri, Presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici, facendo notare che, per sua esperienza "mentre tutti siamo ormai d'accordo sulla diagnosi del problema, possono nascere divisioni sulle forme di battaglia da usare, mentre è fondamentale conservare l'unità per avere una forza contrattuale più decisiva. L'obiettivo di occupare il red carpet è quello di attirare l'attenzione dei media sul problema, ma non si intende bloccare la manifestazione culturale", come alcuni vorrebbero in sala; è essenziale il dialogo e il confronto con le parti politiche che "ci piaccia o no, sono al potere". Mario Carucci del CUB, sindacato degli esercizi cinematografici, ci informa che il Circuito Cinema e il gruppo Cecchi Gori "stanno tutti con le pezze", per cui hanno indetto uno sciopero delle sale cinematografiche per il 28 ottobre e una manifestazione alla Festa del Cinema; infatti, il Cinema Metropolitan sta chiudendo senza che nessuno dica nulla, perché i muri sono di Fininvest e lo stanno vendendo; loro hanno raccolto 7.000 firme anche tra il pubblico e le hanno portate all'Assessore alla Cultura Umberto Croppi, che li ha rimbalzati dal sindaco Alemanno: dal 5 maggio ad ora il sindaco non ha mai trovato tempo per loro "dato che il suo capo è Fininvest". Secondo lui l'unico modo per reagire sono gli scioperi, associando queste categorie ad altre che hanno problemi in Italia. I lavoratori del broadcast, cameramen, operatori, sostengono tuttavia che si possono anche mettere in rete filmati e notizie ma che il problema per i precari e i lavoratori in nero rimane proprio come scioperare: "...come scioperano quelli chiamati a giornata? se abbiamo aspettato questo baratro è per il timore di perdere anche quel poco di lavoro che abbiamo, perché poco è meglio di niente e si va avanti". Viene da chiedersi: questo tipo di contratti precari sono stati studiati anche per questo, per impedire alle nuove generazioni il diritto allo sciopero rendendole così impotenti nel difendere i propri diritti? (n.d.a.)
Si è dunque proposta un'azione concreta con la più alta rappresentanza del cinema italiano durante la serata di inaugurazione del Festival del Film, il 28 ottobre, in modo da sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi del settore. Questo il documento distribuito all'Eliseo con le ragioni della protesta. Il titolo, preso da un film di Comencini del 1960, è stato scelto come slogan simbolico da chi ha passato la notte di venerdì alla Casa del Cinema, e appeso come striscione sulla stessa: "tutti a casa" quelli che non rispettano i diritti e la creatività, ma anche l'augurio di poter tornare alla Casa del Cinema, le cui attività sono ora seriamente messe in discussione dalle nuove decisioni del Comune di Roma. (Per info: http://www.100autori.it/ ; La pagina su Facebook, attenzione alle imitazioni: http://www.facebook.com/pages/Tutti-a-casa/160095717356427 )
TUTTI A CASA
IL DOCUMENTO APPROVATO DALL'ASSEMBLEA DELLA "CASA DEL CINEMA OCCUPATA"
Roma, sabato 23 ottobre. Il mondo del cinema e della televisione ha deciso, venerdì sera, di occupare la Casa del Cinema per fronteggiare una crisi finanziaria e industriale a cui si salda la pochezza di un governo che considera la cultura un elemento residuale e insieme di segno politico avverso di cui è auspicabile la chiusura per fallimento.
Come per l'informazione, la ricerca, la scuola, anche il nostro settore è stato smontato pezzo per pezzo, giorno dopo giorno: 1) Il taglio radicale del Fondo Unico per lo Spettacolo, che ha raggiunto il minimo storico; 2) il rinvio sine die di una nuova legge cinema, superata da un non meglio precisato decreto Bondi; 3) il decreto Romani che ha fortemente ridotto gli investimenti nella produzione cinematografica italiana; 4) la riduzione del 30% degli investimenti nella fiction italiana, mentre il mercato pubblicitario è in ripresa; 5) la delocalizzazione sistematica e crescente delle nostre produzioni televisive; 6) il mancato rinnovo del tax credit e tax shelter.
A questo si è aggiunta la notizia che il Comune di Roma ha approvato una memoria di giunta dove si dispone una radicale revisione del modello gestionale della Casa del Cinema. In particolare, la figura del Direttore Artistico verrebbe sostituita da un comitato di 7 membri, di cui 5 "che apportino un contributo di almeno 50.000 euro annui". In altre parole, la Casa del Cinema sarebbe così appaltata ad un Comitato d'affari che gestirebbe questo spazio come meglio crede. A restare fuori a questo punto non saranno solo gli autori, ma il pubblico che ha aderito in tutti questi anni alle manifestazioni e rassegne gratuite.
Il mondo del cinema riunito in assemblea ieri notte ha deciso di dire NO. Un punto fermo, un atto simbolico per affermare che non accetta l'espropriazione dei suoi diritti: da quelli che gli autori sono costretti a cedere in blocco quando firmano un contratto, a quello di vedere la Casa del Cinema, nata dall'idea di uno dei nostri padri, Sergio Amidei, trasformata in una "casa d'altri". Un gesto simbolico per dire che ognuno di noi sente il dovere di fare la sua parte, di prendersi le sue responsabilità, ma anche un gesto concreto per affermare una reale volontà di cambiamento e avanzare proposte. Quest'anno le ore lavorate per produrre film e fiction si sono dimezzate. E un intero comparto industriale è in ginocchio con la certezza della disoccupazione per migliaia di famiglie. Però è possibile invertire questo segno negativo.
Le proposte elaborate dall'assemblea sono:
Per il Cinema:
• immediato e certo rinnovo del tax credit e del tax shelter;
• approvazione di una legge di sistema che crei un Centro nazionale della cinematografia sganciato da qualsiasi controllo della politica;
• un prelievo di scopo con il quale chi utilizza il cinema e l'audiovisivo italiani (televisioni generaliste e satellitari, provider e Telecom) reinvesta una parte dei profitti nella produzione nazionale e un prelievo sul costo del biglietto delle sale che inciderebbe per il 70% sui profitti delle major straniere.
• Reintegro del FUS, che può avvenire immediatamente e senza oneri per lo Stato semplicemente mettendo all'asta, come accade in tutta Europa, le frequenze del digitale terrestre che oggi vengono regalate a Mediaset;
• Sostegno e difesa delle sale di città, spazio privilegiato del cinema italiano;
• Promozione del cinema italiano all'estero;
• Divieto per i network televisivi di mantenere posizioni dominanti sul mercato con il controllo di produzione, distribuzione e sale;
• Salvaguardia e valorizzazione di un patrimonio storico come Cinecittà.
Per la televisione:
• Nascita di un mercato liberato dal monopolio di Rai e Mediaset;
Riappropriazione dei diritti sulla fiction da parte di autori e produttori, in grado di creare un mercato internazionale per le opere televisive italiane;
• Utilizzazione dei canali del digitale terrestre e dei canali satellitari - molti dei quali sfruttano gratuitamente e illegalmente le nostre opere - come nuove opportunità di una pluralità narrativa;
• Obbligo di realizzare sul territorio nazionale la fiction finanziata con il soldi del servizio pubblico;
• Attenzione alla produzione e diffusione del documentario in tutte le sue forme.
Creazione e valorizzazione di uno statuto deontologico degli attori per salvaguardare la professione attoriale come mestiere.
Per la Casa del cinema:
• chiediamo al Comune di Roma la revoca della memoria di Giunta che affida di fatto la gestione a una sorta di "comitato d'affari";
• La convocazione delle associazioni del mondo del cinema che si propongono come protagoniste della gestione della Casa e del suo indirizzo culturale.
Queste nostre richieste, per le quali siamo quotidianamente insultati, non hanno nulla a che fare con la difesa di privilegi, ma sono il minimo necessario per far ripartire un'industria che occupa oltre 250.000 lavoratori, che crea ricchezza per lo stato e cultura per il Paese, ed è già legge in tutte le nazioni avanzate d' Europa. "La cultura non si mangia", sostiene Tremonti. Ma, forse lui non sa, che permette a centinaia di migliaia di persone che lo producono di mangiare e che fornisce, a quei cittadini che si fanno pubblico, un nutrimento immateriale, eppure decisivo, fatto di emozioni e sogni, consapevolezza e senso dell'identità nazionale, per guardare la realtà con occhi nuovi e immaginare un paese migliore.
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