con (in o.a.): Alberto Astorri, Valerio Binasco, Fabrizio Contri, Andrea Di Casa, Simone Luglio, Gianmaria Martini, Deniz Ozdogan, Fulvio Pepe, Sergio Romano, Roberto Turchetta, Ivan Zerbinati
Scene: Carlo de Marino
Costumi: Sandra Cardini
VALERIO BINASCO
Pluripremiato sia come regista che come attore in più momenti di una carriera che spazia dal cinema al teatro con Carlo Cecchi (tra cui la significativa esperienza dedicata al Bardo al Teatro Garibaldi di Palermo), ha recentemente recitato nella serie per Sky ideata da Stefano Accorsi, 1992, in cui interpreta Mario Chiesa. Quest'estate porterà in scena all'Arena di Verona il suo primo spettacolo di Goldoni, Il Bugiardo, affiancato da Maurizio Lastrico, noto comico di Zelig. Ad ottobre arriverà a Roma Il Mercante di Venezia con Silvio Orlando. Questa primavera sarà invece sul set di Alaska di Claudio Cupellini con Elio Germano, con cui ha lavorato anche nell'ultimo film di Mario Martone, Il giovane favoloso. Con Martone, Binasco ha realizzato, nel 2010, Noi credevamo, vincitore di sette David di Donatello.
Shakespeare è il miglior amico dell'umanità. Nessuno l'ha compresa e raccontata meglio di lui. Quando si legge, o ancor meglio, quando si recita Shakespeare, la tragica inutilità dell'esperienza di vivere sembra invece un dono, un'occasione straordinaria. Io debbo a lui più di una nascita, più di una salvezza. L'ultima è forse la più significativa: nel suo nome abbiamo fondato la Popular Shakespeare Kompany, con attori che nel giro di pochissimi anni hanno portato in giro per l'Italia ben tre grandi classici del suo repertorio. Quest'anno la Popular Shakespeare Kompany presenta nei teatri sia Il Mercante di Venezia che La Tempesta. Il grande successo che festeggia i nostri spettacoli ci dice che il pubblico ha ancora un incessante bisogno della magia del suo teatro. Shakespeare, per noi, è il teatro. Un teatro così grande che sconfina nella nostra vita, che ci rivela continuamente qualcosa. Il dono più grande che si possa ricevere da un artista, è la sua Vitalità. La vitalità è felicità per la vita. Shakespeare è questo. I nostri spettacoli scommettono tutto sul magico riaccendersi della Vitalità, e ogni volta che si cominciano le prove di un suo testo, veniamo presi e trascinati in una corrente di sentimenti e di rivelazioni, di cui poi ci sforziamo di essere i testimoni 'viventi' sulla scena. Quando ci riusciamo anche solo un po', ci pare di aver partecipato a una festa. La festa di essere vivi, qui adesso. Solo in quei rari momenti ci ricordiamo che facciamo il Teatro per essere felici. L'incessante capacità di Shakespeare di apparire contemporaneo, dipende dal fatto che nessuno ha mai saputo cogliere l'avventura di vivere con altrettanta semplicità , e potenza. L'umanità è sempre la stessa, da sempre. Non è mai cambiata. Da Omero a oggi siamo sempre qui, sotto il sole o nelle tenebre con le stesse paure, con gli stessi amori, con lo stesso cieco dolore, e con le stesse risate. E l'esperienza della vita è sempre quella, da sempre e per sempre. Shakespeare è il nostro cantore, e il nostro consolatore. Dipinge la nostra vita come se facesse parte in modo organico e perfetto della Natura stessa. Racconta le nostre luci e le nostre tenebre come se davvero tutti noi fossimo figli di Dio. E, pur con tutti i nostri difetti, ne fossimo degni. Personalmente, penso che Shakespeare sia un mago. L'umanità ha, da sempre, un disperato bisogno di maghi. Un bisogno così grande, che ogni tanto ne nasce perfino qualcuno. Di solito, sono artisti. Shakespeare è stato un mago dei più potenti. Dalle semplici tracce dei suoi passi, continuano a brillare incantesimi, a sbocciare fiori incantati. Noi siamo i suoi piccoli apprendisti stregoni che - al pari di Mickey Mouse in Fantasia - cerchiamo di raccogliere un poco di magia tra le pieghe del berretto del Maestro. Ogni volta che ci riusciamo, anche solo un po', ci pare di capire che l'arte di Shakespeare è stata donata al mondo per aiutare il pubblico a farsi più umano. Gran parte del fascino de La Tempesta dipende dal suo mistero. Cercare il bandolo della matassa è inutile. Meglio puntare dritti al cuore della matassa e perdersi. Qual è il cuore de La Tempesta? E' un dramma (malinconicamente) giocoso sulla fine della civiltà, sulla fine della vita e sulla fine delle cose in generale. Qual è la lezione per noi oggi? C'è solo da comprendere. E comprendere non è perdonare. È arrendersi. Alla fine, resterà solo l'eroismo degli arresi. E Prospero, con fatica, si arrende. Anche se, dicono, ha vinto.
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