ORLANDO: le visioni di Virginia Woolf
nella dimensione del teatro di Figura
Il libro diventa teatro, le pagine immagini
L' ultimo appuntamento di If Festival della stagione presenta la nuova produzione del Teatro del Buratto intitolata … E scrisse O come Orlando, una riscrittura drammaturgica (di Rocco D'Onghia) per il teatro di figura ispirata al romanzo "Orlando" di Virginia Woolf, che debutterà, in prima nazionale sul palcoscenico del Teatro Verdi, sabato 17 maggio, per proseguire con repliche sino a domenica 1 giugno.
Una nuova produzione di teatro su nero sempre con la regia di Jolanda Cappi, in cui il Teatro del Buratto affida il racconto alla cifra stilistica che più lo contraddistingue, con le immagini e la fascinazione degli oggetti, pupazzi e sculture animate nei tagli di luce.
Così il libro diventa teatro, le pagine diventano immagini per costruire un suggestivo spettacolo nato, oltre che dal noto tema dell'androginia, anche da spunti fortemente visivi che il romanzo offre.
L'uso dei diversi linguaggi che il teatro di figura propone, come l'animazione su nero di pupazzi e oggetti, il teatrino delle marionette e l'uso di maschere, crea sul palcoscenico un continuo gioco basato sul doppio e sul molteplice, che trascina lo spettatore in un vortice di metamorfosi. Un gioco di specchi che rifrange la presenza e la deriva delle diverse identità di Orlando in mutamenti, che coinvolgono non solo il protagonista ma anche gli oggetti, i costumi di scena e la musica.
Da sottolineare anche quest'ultima, vera e propria colonna sonora composta da Roberto Andreoni, che non è accompagnamento o sottofondo, ma costante confronto e dialogo con le immagini e l'animazione. Nel percorso di messa in scena l'una ha influenzato le altre e viceversa: la musica,
basandosi sulle azioni ed emozioni offerte dalle immagini ha anche contribuito a influenzare la regia di Jolanda Cappi, suggerendo con "visioni" sonore la costruzione di alcune scene e passaggi drammaturgici. Un fluire, uno scorrere di quadri in cui l'androgino Orlando, vive un'esperienza straordinaria che attraversa la storia inglese, trasformandosi da ragazzo sognante e protetto alla corte della regina Elisabetta I, ad ambasciatore in Oriente; da giovane innamorato della bella principessa russa Sasha, durante il Grande Gelo di Londra, alla metamorfosi in donna, dopo un lungo sonno profondo "
…una piccola morte che permette di continuare a vivere" .
Il nostro spettacolo si chiude - senza poi seguire il protagonista e la sua Autrice nel cammino letterario nella complessità del Novecento - con l'approccio alla nuova vita di giovane donna, colta e affascinante ma stretta e costretta tra bustini e nastri, coinvolta nel duro confronto con i saccenti Poeti londinesi, che culmina nella celebrazione della Poesia: "… voce che risponde a una altra voce". Il nostro racconto si ferma qui anche per concentrare la sua attenzione sulla prima, sorprendente trasformazione da uomo a donna, per incontrare la storia di un essere umano "nato due volte": prima giovinetto e maschio, poi donna, femmina adulta.
Come nel libro anche nello spettacolo la metamorfosi è metafora attraverso la quale Virginia Woolf sembra intenzionata a dare corpo a un pensiero segreto, intimo, quello dell'androgino - "io non sono né l'uno, né l'altro, né uomo né donna", intuizione profonda da far emergere e portare allo scoperto, per «celebrare le nozze interiori» tra il maschile e il femminile che è in ognuno di noi.
Una chiacchierata con Jolanda Cappi
1) Perché uno spettacolo di teatro di figura?
Perché leggendo il bellissimo testo di Virginia Woolf, gli spunti per un teatro di figura erano tantissimi. Il romanzo possedeva le potenzialità per essere raccontato per immagini, per quadri.
Il Grande Gelo di Londra, per esempio, è reso dai tagli di luce che fanno apparire la scena bianca e cangiante oppure, una sinuosa pelliccia bianca si anima per evocare Sasha, l'affascinante figlia dell'ambasciatore russo.
Inoltre il teatro su nero, che prevede l'uso di forme e figure animate mosse entro luci particolari da animatori, interamente nascosti alla vista del pubblico e che si muovono al buio- al di là del taglio delle luci - segna la cifra stilistica più originale del Teatro del Buratto.
Una tecnica che il Teatro del Buratto sviluppa e approfondisce da quarant'anni cercando di scoprire le possibilità narrative che gli oggetti esprimono attraverso l'esplorazione di materiali diversi, nuove soluzioni e avvincenti modi di portarli in scena.
2) Quale uso delle maschere?
Uno degli spunti dal quale è iniziato il nostro lavoro su Orlando è l'osservazione dei dipinti e dei disegni dell' artista Leonor Fini, di cui ci ha affascinato la ripetitività dei volti femminili e i loro multiformi travestimenti che rappresentano l'idea di perenne metamorfosi.
Così le attrici, come il pupazzo iniziale, impersonano Orlando, giovane e maturo, uomo e donna, indossando maschere di cuoio create appositamente, (sul calco del viso umano delle attrici) da Andrea Cavarra di Zorba Officine Creative.
Le maschere non sono ispirate alla tradizione e non hanno una funzione decorativa ma il loro utilizzo rende visibile sulla scena il tema del doppio o meglio del molteplice nell' unico: un unico volto sempre uguale a se stesso su un corpo soggetto, di contro, a metamorfosi. La maschera copre ma in realtà svela le molteplici personalità e identità di un unico personaggio, Orlando.
Dal 17 maggio al 1 giugno 2014 – PRIMA NAZIONALE
Teatro del Buratto
… E SCRISSE O COME ORLANDO
da Orlando di Virginia Woolf
Traduzione, riduzione e adattamento di Rocco D'Onghia
Regia di Jolanda Cappi
Con Elisa Canfora, Marialuisa Casatta, Nadia Milani, Francesca Zoccarato
Cura dell'animazione di Giusi Colucci
Colonna sonora di Roberto Andreoni
Puppets, scene e costumi di Marco Muzzolon, in collaborazione con Raffaella Montaldo e Consuelo Olivares
Consulenza ai costumi di Paola Giorgi
Maschere di Andrea Cavarra (Zorba Officine Creative)
Disegno luci di Marco Zennaro
Direttore di produzione Franco Spadavecchia
Spettacolo inserito in INVITO A TEATRO
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