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venerdì 29 gennaio 2010

intervista a Massimiliano Vado attore dietro le quinte..non solo tra le vetrine


Massimiliano Vado interpreta Zeno Bauer in "Centrovetrine", ma la sua attività artistica si svolge soprattutto a teatro, ho avuto l'occasione di incontrarlo in una nota pasticceria di Roma.

Parliamo della tua preparazione artistica e del perché hai scelto di fare l'attore.

La preparazione è iniziata nel 1990 con la Scuola del Teatro di Roma dove ho incontrato un paio di persone con cui sono ancora in contatto: Patrick Rossi Gastaldi, e Gisella Burinato che per me sono stati due insegnanti fondamentali. Poi ho preso una specializzazione al Teatro Stabile del Veneto, dove si faceva recitazione classica, in versi. Ho fatto un paio di viaggi a New York frequentando seminari e lezioni aperte nelle accademie. Sostanzialmente quello che faccio è : se c'è un seminario di una persona che mi interessa vado come a quelli della Burinato, a quelli che fa Dario Manfredini un attore milanese. La formazione , quindi, è continua e perenne, per avere una preparazione completa studi il classico, ma poi anche su cose diverse, anche perché poi qualunque richiesta ti fanno tu almeno sai da che punto partire, anche se non sei praticissimo in quella cosa ma se sei molto curioso e osservatore ci puoi arrivare, bisognerebbe conoscere un po' tutto, per poi metterlo in moto quando serve. Perché ho scelto di fare l'attore...beh quando avevo 6 anni mi portarono al teatro al Sistina a vedere "Aggiungi un posto a tavola" si sono spente le luci e ho pensato ok voglio fare questo, nel senso che lo senti dentro, una voglia, credo che abbia molto a che fare con il carattere, con le forzature di ognuno di noi, io ho un carattere molto blindato ho bisogno di emozioni molto forti, per cui un lavoro come l'attore sblocca delle sensazioni più che nella vita, è tutto un procedimento interno, che detto così sembra "Ho una roba dentro che devo esprimere" in realtà no, è una gestione di se stessi , delle proprie timidezze. Un'altra cosa che mi ha spinto a fare l'attore è il fatto di saper comunicare in tante maniere è molto affascinante, ad esempio usare le parole scritte 2.500 anni fa e comunicare un'emozione mantenendo la dizione in esametro per me è la cosa più affascinante del mondo. Credo che la cultura sia uno scalino necessario che purtroppo per molti manca, nel senso che capisci che se nella vita metti un tassello in più che può essere anche una cosa scema vista in TV, che però ti fa riflettere ti smuove, puoi prendere dei percorsi diversi, sono cose politiche, non partitiche, piccole cose che però possono cambiare anche un modo di pensare, uno scalino in più, che ti consente di arrivare a nuove conclusioni. Come ho fatto io nell'adolescenza, ho preso stimoli infiniti, mi piace restituirli e scambiarli, ciò ti apre il cervello, faccio l'attore perché voglio il cervello aperto, mi piace la reazione del mio cervello alle cose...adrenalina e cervello.

Tu interpreti Zeno Bauer in "Centovetrine" come mai questa scelta?

"Centovetrine" è un percorso necessario, perché io ho fatto molto teatro, devo imparare a levare un po' di cose per stare davanti ad una telecamera, e l'occasione migliore me l'ha offerta un anno di contratto con "Centovetrine". Là ti puoi mettere davanti ad una camera da presa con un percorso, più o meno emozionale e importante e tentare delle cose, ti rivedi, in modo che quando capiterà un'occasione diversa sai cosa di te funziona, cosa mettere in moto, sai come gestirti delle cose. E' un po' una scuola, è c'è un buon clima in cui è piacevole lavorare.

Hai lavorato al Teatro Colosseo con Marco Maltauro in "Nothing is forever" come è stata questa esperienza?

Con Marco ci conosciamo da tanti anni, abbiamo messo su: monologhi, spettacoli comici, spettacoli dedicati alla psico analisi, e ogni volta partiamo dicendo "va bene facciamo questo, bene questo lo scartiamo e partiamo da un'altra cosa". Questa volta abbiamo preso il testo di una donna, completamente diverso dal nostro modo di pensare, molto incentrata sulla figura femminile, est europea, quindi, scarna e essenziale senza fronzoli, senza nulla di comico, e a modo nostro ce la siamo messa un po' addosso. Abbiamo chiamato un'attrice (Noemi Parroni) che non c'entrava nulla con me e Marco, e proprio per la diversità è uscito un trittico divertente, dopo due giorni di riscrittura e adattamento del testo abbiamo provato per quattro giorni e poi siamo andati in scena. Malteatro nasce come una provocazione al teatro chiuso, con il sipario, infatti ci avevano proposto di usare la sala grande del colosseo ma non abbiamo voluto piuttosto meno gente ma non volevamo una sala teatrale ma una galleria d'arte dove l'attore è uno dei tanti quadri. E' un modo per annullare la barriera tra attore e spettatore, non è : noi siamo da una parte e voi dall'altra, ed è tutto studiato le frasi dei bigliettini, la canzone, sono tutti degli stimoli, degli esperimenti, poi alla fine delle repliche si può dire questo ha funzionato, questo no, mettiamo da parte , mettiamolo in un cassetto e apriamone un altro. La penultima volta abbiamo fatto un "Amleto" con 6 persone, lo abbiamo fatto absolute, scarno, senza le spade senza i vestiti, tu come vieni da casa entri in scena.

E lo spettacolo teatrale "La mia prima volta"?

"La mia prima volta" è un format americano, ancora in scena off Brodway. Sostanzialmente si basa su questo: si invita il pubblico a ricordare la prima volta,(mediante dei bigliettini scritti) con chi era, dove è successo, se ti piaciuto, quanti anni avevi, se hai fatto sesso protetto, e se lui o lei lo avessi ora davanti cosa gli diresti, e noi le più carine le leggiamo durante lo spettacolo, per questo è stato definito uno spettacolo interattivo. E' stato ripreso anche dalla RAI di Napoli, e dicono che lo manderanno in onda... per "Palco e retropalco."

Io credo che l'attore debba avere un ruolo sociale, magari anche andare nelle scuole a parlare con gli studenti cosa ne pensi?

Io sono stato a Torino durante le olimpiadi invernali quindi 4 anni fa a fare uno spettacolo comico e i produttori hanno anche un liceo normale , con formazione teatrale, per cui hanno delle ore in più di teatro e letteratura applicata a teatro. Io ho fatto delle lezioni con degli studenti che volevano capire come funziona davvero questo mestiere, al di là delle star o presunte tali. Mi sono reso conto che alcuni di loro non avevano neanche la cognizione di cosa fosse il lavoro. Questa attività penso sia molto utile per far capire che esiste un'alternativa anche di idee a quello che tu hai sempre considerato, che il nostro non è un mondo così depravato. Socialmente è un lavoro più utile di quello che si ritiene, politicamente il nostro lavoro può essere molto più forte, più valido, più formativo di quello che è. Il "politicamente corretto" ci ha un pochino sbilanciato le coscienze, e invece dovrebbe essere che se una cosa è sbagliata bisognerebbe dipingerla come tale e non come è sbagliata ma pazienza oppure farla fare da una persona che non in grado di gestire tutto quel carico di emozioni. Anche la nostra stessa categoria invece di litigare potrebbe vedere la questione storicamente come è stata affrontata e risolta dai teatranti del tempo.
Riguardo al teatro si può dire che non è per tutti ma è di tutti, è un partimonio di tutti più della lirica più del melodramma, certo dovrebbe costare meno ed essere finanziato di più. Ora abbiamo questo ministro... che ci ha massacrato qualsiasi velleità, ora sopravvivono non le compagnie classiche ma i gruppi che si autogestiscono, che sperano in un ritorno.

Miriam Comito


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