Bruno Governale dirige Il senso di colpa testo scritto dalla giovane Federica Colucci.
Si apre il sipario, una gabbia, quattro letti e cinque donne. Vestite di bianco, simbolo di purezza e innocenza. Il candore degli abiti si riversa sulle loro anime, se non fosse che quelle stesse anime abitano corpi rinchiusi in prigione.
Siamo nella Londra dei giorni nostri ma i loro nomi ricordano personaggi lontani. Giulietta, Ofelia, Cordelia, Desdemona e Lady Macbeth si trovano a condividere pochi metri quadri di una squallida prigione. La loro colpa è quella di aver ucciso qualcuno. Padri, fidanzati, sorelle, pretendenti. Loro sono morti per mano di altri, le donne sono in attesa di giudizio e mentre i mesi passano, il pubblico impara a conoscerle.
E' un senso di forte claustrofobia quello che si respira in platea. Le loro ansie, le loro paure, la rabbia si respira nel pubblico, la tensione è una lama sottile che attraversa le loro stesse carni.
Interagiscono tra loro in quello spazio che diventa tristemente privato, si odiano, si toccano, si amano, si provocano e poi si offrono a quel pubblico/commissario che è lì a giudicarle.
Giulietta, tossica da quando aveva 14 anni. Un'overdose uccide il suo “Romeo”, è stata proprio lei ad iniettargli quella dose fatale. Cordelia, donna ribelle, figlia preferita del suo ricco e borghese padre, al momento del testamento non accetta di adularlo e per questo diseredata. Il denaro se lo contendono, fino alla morte, le sorelle.
Desdemona, la sua unica colpa è la sua desiderabilità. Bella e bramata dagli uomini, lei meraviglioso “pezzo di carne” sarà conteso tra maschi che si uccideranno per averla.
Ofelia considerata pazza, una pazzia dovuta ai continui abusi da parte del padre e del fratello. E poi c'è lei la Lady, Lady Macbeth. L'epilogo alla storia è lei a darlo.
La recitazione delle cinque brave attrici, Federica Colucci, Cristiana Micozzi, Roberta Misticone, Francesca Nobili ed Elisa Panfili, è pulita e scorre piacevolmente, ma a volte un po' forzata. Tuttavia, avremmo preferito, in alcuni punti, vederle calate in un'interpretazione più naturale.
A parte questa piccola sbavatura, la tensione drammaturgica creata dall'autrice viene mantenuta grazie anche alle scelte registiche di Governale. Un testo particolare dove la modernità di storie, che possono essere attuali, come gli incesti, gli abusi sulle donne, la dipendenza da droghe si mescola a quei nomi cosi fortemente legati a Shakespeare. Sta qui il coraggio dell'autrice, quella nel mettere insieme le protagoniste delle sue storie, a racconti drammatici e forti.
Le luci accompagnano il percorso voluto dal testo, così come le musiche che spezzano la tensione creata sul palco.
Forte e chiaro arriva il messaggio finale. E' Lady Macbeth a fornirlo. Tutte le protagoniste anche se verranno assolte dal giudice, un giudice che rappresenta la società o il giudizio collettivo, una volta uscite di prigione, non avranno vita lunga. Moriranno e, a divorarle non sarà il karma ma il logorante senso di colpa, loro che di colpe non ne hanno o non ne hanno mai avute.
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