Sabato 16 maggio 2015
ore 21.00 – Turno A
Domenica 17 maggio
2015 ore 16.00 – Turno B
Carlo Cecchi
in
LA
DODICESIMA NOTTE
di William
Shakespeare
Traduzione Patrizia
Cavalli
regia Carlo Cecchi
musiche di scena
Nicola Piovani
scena Sergio Tramonti
costumi Nanà Cecchi
disegno luci Paolo
Manti
con
ORSINO, Duca
d’Illiria Remo Stella
VALENTINO, Gentiluomo
al servizio del Duca Giuliano Scarpinato
UFFICIALE al servizio
del Duca Rino Marino
VIOLA, poi travestita
da CESARIO, Eugenia Costantini
SEBASTIANO, suo
fratello gemello Davide Giordano
CAPITANO della nave
naufragata Rino Marino
ANTONIO, altro
capitano di mare, amico di Sebastiano Federico Brugnone
OLIVIA, Contessa
Barbara Ronchi
MARIA, sua cameriera
personale Daniela Piperno
SIR TOBY, zio di
Olivia Vincenzo Ferrera
SIR ANDREW, protetto
di Sir Toby Loris Fabiani
MALVOLIO, maggiordomo
di Olivia Carlo Cecchi
FABIAN, al servizio
di Olivia Giuliano Scarpinato
FESTE, buffone di
Olivia Dario Iubatti
musicisti
Luigi Lombardi
d’Aquino / Sergio Colicchio tastiere e direzione musicale
Alessandro Pirchio /
Alessio Mancini flauti e chitarra
Daniele D’Ubaldo
strumenti a percussione
assistente alla regia
Dario Iubatti
assistente alla scena
Sandra Viktoria Müller
direttore tecnico
dell’allestimento Roberto Bivona
tecnico luci Camilla
Piccioni
macchinista Edoardo
Romagnoli
sarta Marianna Peruzzo
amministratore di
compagnia Francesca Leone
direttore di
produzione Marta Morico
comunicazione e
ufficio stampa Beatrice Giongo
NOTE DI REGIA
Illiria. Il Duca e la Contessa hanno
due tenaci fissazioni: il Duca si è fissato sulla Contessa perché lei non ne
vuole sapere; la Contessa si è fissata sul fratello morto, al quale vuole
restare fedele per sette anni. Con questi due begli esemplari di nevrosi narcisistica,
tutto resterebbe nell’immobilità e addio commedia.
Ma il Destino – e Shakespeare – fanno
scoppiare una tempesta: una nave fa naufragio, dal quale si salva una
ragazzetta di nome Viola. Nel naufragio ha perduto un fratello. La ragazzetta
si trova sperduta in Illiria; ma è piena di risorse (vecchiotte, a dir la
verità: Plauto, gli Italiani, già Shakespeare in commedie precedenti) e decide
di travestirsi da ragazzo e di diventare il paggio del Duca.
Il Duca lo prende in grande simpatia
(il paggio-ragazza si innamora tambur battente di lui) e decide di farlo
diventare il suo messaggero d’amore con la Contessa.
La Contessa si innamora subito del
paggio e le cose si metterebbero male perché il paggio è una femmina e al tempo
di Shakespeare i matrimoni gay, o almeno i pacs, non erano previsti. Ma il
Destino e Shakespeare hanno risparmiato il fratello del paggio-ragazza, il
quale, essendo suo gemello, è tale e quale alla sorella-fratello.
Così questo fratello scampato al
naufragio e inseguito anche lui da un innamorato, si sistema volentieri con la
Contessa, che lo prende per il paggio-ragazza di cui si era invaghita.
Si sposano presto presto. Il Duca
esplode di gelosia, ma poi chiarito l’equivoco si calma e si prende il
paggio-ragazza come futura sposa.
Questo è il plot principale. Ma ce n’è
un altro, forse più importante. È un plot comico e si svolge alla corte della
Contessa: lo zio ubriacone e l’astuta dama di compagnia; un maggiordomo e un
cretino di campagna che spasimano ambedue per la Contessa e, non poteva mancare, il fool.
Malgrado la sua funzione comica, questo
plot ha uno svolgimento più amaro: la follia che percorre la commedia, come in
un carnevale dove tutti sono trascinati in un ballo volteggiante, trova il suo
capro espiatorio nel più folle dei personaggi: il maggiordomo, un attore comico
che aspirava a recitare una parte nobile, quella del Conte Consorte.
L’amore è il tema della commedia; la
musica, che come dice il Duca nei primi versi “è il cibo dell’amore” ha una
funzione determinante. Non come commento ma come azione.
La scena reinventerà un espace de jeu
che permetta, senza nessuna pretesa realistica o illustrativa, il susseguirsi
rapido e leggero di questa strana malinconica commedia, perfetta fino al punto
di permettersi a volte di rasentare la farsa.
Carlo
Cecchi
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