Da quel lontano 1940, il mondo è cambiato. Noi siamo profondamente diversi e così anche l'assetto politico del mondo, eppure la nostra realtà presenta strane e inquietanti analogie con quel tempo. Una crisi economica che ricorda quella del 1929, il crollo delle banche, l'inflazione, la disoccupazione e la depressione. L'attualità del Grande dittatore è quella di tutte le opere d'arte in cui si mette a nudo l'essenza umana.
Nel film, come ora nella sua riduzione teatrale in forma di commedia musicale, il protagonista si fa letteralmente in due. Da una parte c'è il piccolo ebreo che fa il barbiere nel ghetto in cui il nazismo lo ha rinchiuso e dall'altra c'è il feroce dittatore al quale egli assomiglia tanto da finire con l'assumerne il ruolo, rovesciandone nel messaggio radiofonico finale la violenza in pacifismo.
Afferma Venturiello: "Ciò che inventeremo e abiteremo sarà un'altra cosa dal film. Ciò che invece preme di non perdere è l'ironia, il sarcasmo e l'irresistibile comicità di un'opera nella cui messa in scena la musica, composta per l'occasione da Germano Mazzocchetti, e le parti cantate, impreziosite dalla presenza di un'artista come Tosca, saranno grandi protagoniste."
Per Giuseppe Marini "Nello stesso periodo del film l'avventura brechtiana, con l'elaborazione di strumenti concettuali – lo straniamento – come modo di partecipazione critica al mondo della Storia, produceva Terrore e miseria del Terzo Reich e La resistibile ascesa di Arturo Ui. Il nesso tra Chaplin e Brecht è dunque per me molto stimolante e troverà riscontro in ambito registico nella realizzazione dello spettacolo che, come ogni trasposizione teatrale di un'opera cinematografica, prevede irrinunciabili tradimenti, ovvero delle "scelte".
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